L’azienda agricola Montalbera fa risalire le sue origini all’inizio del ventesimo secolo in un territorio compreso fra i comuni di Grana, Castagnole Monferrato e Montemagno, in cui la tenuta è circondata da n paesaggio alberato e dalle dolci colline che ne circondano la tenuta.
Un po’ di storia
Il grande cambiamento avviene verso la metà degli anni Ottanta, quando la famiglia Enrico Riccardo Morando, titolare dell’azienda, decide di adottare una politica di espansione, non ancora oggi ultimata, con l’acquisizione di nuovi vigneti, prevalentemente a Ruché, vitigno autoctono e caratteristico della tradizione del Piemonte.
Montalbera oggi è tra le azienda tecnologicamente più avanzate a livello per internazionale per cercare d’interpretare al meglio il prodotto delle viti, nel rispetto delle tradizioni millenarie del territorio. L’azienda vanta una produzione annua di 750.000 bottiglie vendute tra Italia ed Estero (95 paesi sparsi in tutto il mondo).
Il risultato della crescita ottenuto da quest’azienda permette di affermare che circa il 60% del Ruché di Castagnole Monferrato DOCG e circa il 15% del Grignolino d’Asti DOC “prodotto al mondo” proviene dalle cantine Montalbera in Castagnole Monferrato.
Le due cantine
L’azienda è costituita da due cantine:
- La cantina di Castagnole Monferrato che ha un estensione di 100 ettari in un unico appezzamento è la sede per la vinificazione e l’affinamento dei vini ed è l’unica a poter essere visitata a 360°.
- La seconda cantina è a Castiglione Tinella (Langa), Regione San Carlo, di 10 ettari in un’unico appezzamento, ed è sita nella terra natale del Cavaliere Enrico Riccardo Morando, capostipite di famiglia.
Il Ruché
La storia di Montalbera, secondo l’amministratore delegato Franco Morando, è fatta principalmente di “passione, studio, sperimentazione e quotidiano lavoro per migliorarci sempre“, ed è una storia legata a doppio fino con il Ruché, vitigno simbolo dell’Italia. Questa terra del Piemonte, assieme alle Langhe e al Roero è stata inserita nella lista dei beni Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Le origini del Ruché sono avvolte nel mistero: una delle ipotesi è che deriva da “San Rocco”, una comunità di Monaci devoti a questo Santo, che avrebbero introdotto la sua coltivazione nella zona; secondo un’altra tesi pare il nome derivi del termine piemontese “roche”, cioè vitigno coltivato nelle zone arroccate del Monferrato. La tesi più accreditata è che il Ruché derivi da antichi vitigni dell’Alta Savoia.
Don Cauda e la rinascita del Ruché
La rinascita del Ruché si deve negli anni Settanta ad un parroco, Don Giacomo Cauda, a cui viene attribuita la riscoperta di questo vitigno che rischiava di scomparire. Il parroco arrivato a Cagnalo Monferrato trovò come “beneficio parrocchiale” dieci filari di Ruché. Il Don viene colpito dalle caratteristiche del vitigno, si appassiona e se ne innamora descrivendolo nei suoi scritto:
“Ha un corpo perfetto e un equilibrio di aromi, sapori e profumi unici. Degustato con moderazione libera lo spirito e apre la mente…“
Don Cauda decise di riportarlo in produzione e iniziò a impiantare nuovamente questa varietà, incoraggiando anche i viticoltori. Da questo punto inzia la storia del Ruché com’è conosciuto oggi. Nel 1987 arrivò la DOC e nel 2010 la DOCG, ed oggi il Ruché è conosciuto ed apprezzato, sia a libello nazionale che interazionale, per le sue caratteristiche uniche ed affascinanti che hanno origine dallo straordinario terroir del Monferrato.
Un terroir unico
In questa zona del Monferrato i vigneti ricoprono quasi interamente le colline, in cui si alternano piccoli boschi e coltivazioni della tradizione come la nocciola. Il clima di questo territorio ha inverni freddi e estate calde, mentre la morfologia del territorio, prevalentemente collinare, è composta da stratificazioni di marne arenarie e calcaree risalenti a Miocene e di depositi sabbiosi lungo la valle del Tanaro risalenti al Pliocene.
Laccento: uno dei vini bandiera
Uno dei vini bandiera della cantina è costituito dal Ruché di Castagnole Monferrato DOCG Laccento, vino ottenuto da vendemmia di uve surmaturate, che Luca Gardini, per l’edizione 2018, ha definito “speziatissimo e insieme fresco al naso, con tocchi di melograno ed eucalipto, bocca con note tese e finale profondo e salino” e gli attribuito un punteggio di 96/100. L’edizione del 2017 si è vista attribuire da Luca Maroni 99/100.
Amo la buona cucina e le tradizioni enogastronomiche italiane, per me vino e dessert non sono solo un contorno ma la parte più interessante del buon vivere.