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Barolo: prodotto simbolo della regione più bella del mondo

Proprio così, di recente Lonely Planet ha stilato la lista delle 10 regioni da visitare nel 2019: la migliore per il 2019 è il Piemonte.

Parlando di Piemonte che cosa vi viene in mente? Lonely Planet descrive il Piemonte come un punto di riferimento per la storia e l’industria italiana, dai Savoia ai giorni nostri, capace di incantare con proposte di arte contemporanea e musica elettronica ma anche attraverso paesaggi montani e valli bucoliche. In particolare Lonely Planet menziona due tesori di questa terra meravigliosa anche dal punto di vista agroalimentare: vini rossi e tartufo.

Dallo scrigno prezioso del Piemonte vogliamo concentrarci ancora una volta sul Barolo, re dei vini, il vino dei re.

Storia del Barolo: il re dei vini, il vino dei re

La storia del Barolo come quella di tutti i miti si avvolge di un manto di leggenda. Pare infatti che nell’Ottocento la marchesa di Barolo Giulia Falletti inviò al re Carlo Alberto di Savoia 325 botti del prezioso vino di Barolo (una per ogni giorno dell’anno meno la quaresima) che suscitarono un apprezzamento tale da convincere il re ad acquistare la tenuta di Verduno per poter produrre personalmente quel vino. Da questo momento il Barolo divenne vino dei re.

Immutato nel prestigio nazionale, più tardi anche il conte Camillo Benso di Cavour si prestò alla produzione del Barolo e alla sua promozione in ambito internazionale. Leggenda vuole che Cavour avvalendosi anche della consulenza del francese Oudart, fosse riuscito a perfezionare la tecnica sperimentata dal generale Staglieno nei tenimenti di proprietà di Carlo Alberto di Savoia.

Il Barolo moderno: Opera d’arte in cerca di autore

Una delle figure di riferimento per la viticoltura locale è il generale Paolo Staglieno. Appassionato e studioso di enologia, il generale Staglieno, ritiratosi dalla carriera militare, fu nominato dal re in persona responsabile delle Tenute Reali per la produzione di vino. Dopo anni di esperienza vitivinicola nelle Langhe, scrisse “Istruzione intorno al miglior modo di fare e conservare i vini in Piemonte” sostenendo che con i vini fini bisogna aver pazienza d’aspettare intuizione che lo porta ad essere riconosciuto come uno dei primi enotecnici a codificare un invecchiamento minimo per i vini del Nebbiolo d’Alba.

Sulla relazione col Barolo del francese Louis Oudart i filologi ed esperti italiani hanno qualche dubbio in più, in particolare Anna Riccardi Candiani che sul tema ha pubblicato un saggio intitolato “Louis Oudart e i vini nobili del Piemonte”. Oudart, nativo della Champagne, si trasferì insieme ad un cugino a Genova a inizio Ottocento fondando un’azienda produttrice di vino: la Maison Oudart et Bruché. Oudart infatti più che un enologo illuminato è da considerarsi un abile commerciante e uomo di affari capace di vinificare il Nebbiolo in un modo semplificato e moderno: nel Barbaresco.

Successivamente il Barolo moderno ha ottenuto nel 1966 la DOC, poi la DOCG arrivata nel 1980; il disciplinare prevede un affinamento minimo presso il produttore di 38 mesi, di cui 18 in legno. In questo modo la leggenda diventa storia, cristallizzando la ricetta del re dei vini.

Luoghi e caratteristiche del Barolo

Il Barolo oggi ha un disciplinare molto rigido che determina i comuni che possono vantarne la sua produzione. Questi comuni sono 11 e si estendono su un’area di soli 1700 ettari: Verduno, Cherasco, Roddi, La Morra, Novello, Grinzane Cavour, Barolo, Diano d’Alba, Castiglione Falletto, Monforte d’Alba e Serralunga d’Alba.

Il principale punto di forza del Barolo è costituito dalla sua longevità. Una bottiglia di Barolo può invecchiare in bottiglia (ovviamente in condizioni idonee) fino a 30-50 anni. I suoi aromi che spaziano dal catrame alla viola appassita, dai frutti di bosco alla liquirizia, dal balsamico al legno e al tabacco dolce, sono capaci di un’evoluzione costante, di una crescita che merita di essere aspettata pazientemente.

Oggi il Barolo è apprezzato e conosciuto anche a livello internazionale, desiderato al pari dei grandi vini rossi francesi di Borgogna e Bordeaux per eleganza e complessità al palato e di bouquet.

Discussione sull’affinamento del Barolo

Il disciplinare DOCG del Barolo richiede un affinamento prima della commercializzazione di almeno 38 mesi di cui 18 in legno.

Su quale legno affinare il barolo continua ad essere motivo di dibattito tra i produttori, tra chi predilige l’uso delle grandi botti di rovere di Slavonia, e chi, invece, preferisce usare le barrique di rovere francese.

Tra i sostenitori della classicità si schierano Brovia, Giuseppe Mascarello Brezza, Giuseppe Rinaldi, Bartolo Maschello, Poderi Colla e Bruno Giacosa; nel versante meno rigoroso e più innovativo troviamo Elio Altare, Boglietti, La Spinetta, Podere Rocche dei Manozni e Roberto Voezio.

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