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Sherry: dalla Spagna all’Inghilterra

Per secoli, il celebre vino dell’Andalusia chiamato Jerez, dal nome della omonima città di Jerez de la Frontera o Xeres, alla francese, o Sherry, come è noto in Inghilterra, ha vissuto momenti di splendore, andando a raggiungere paesi lontani e influenzando profondamente il successo del vino europeo nel mondo.

Ma la storia del vino spagnolo è antica.

Si ritiene che furono i Fenici ad introdurre la coltivazione della vite in Spagna; poi Cartagine, conquistata la Spagna, iniziò la produzione di vino; successivamente, con la conquista da parte dei Romani delle terre spagnole occupate dai Cartaginesi, nel 206 a.C. al termine della seconda guerra Punica, iniziò il commercio del vino verso Roma e verso le truppe romane, poste a difendere le frontiere con la Germania. Il vino spagnolo fu inoltre citato da Columella, da Publio Ovidio Nasone nella Ars Amatoria e, ancora, da Plinio il Vecchio e da Marziale che ne esaltarono le sue qualità.

Dopo la caduta dell’Impero Romano e la conseguente conquista da parte dei Visigoti, la viticoltura continuò; i Visigoti vennero poi sconfitti dai Mori nel 711, ma la produzione di vino non subì repressioni a causa delle leggi Islamiche. Con la conquista della penisola iberica da parte dei Cristiani, verso la metà del XIII secolo, iniziarono le esportazioni del vino di Spagna verso altri paesi dell’Europa, in particolare l’Inghilterra.

La storia dello Sherry, Conferenza di presentazione dell'Opera Carmen, nel Foyer Respighi

La storia dello Sherry, Conferenza di presentazione dell’Opera Carmen, nel Foyer Respighi

Fu però nel 1500 che iniziò la fortuna del vino spagnolo: con l’epoca dei grandi navigatori, da Colombo a Magellano e con le esplorazioni spagnole e portoghesi, si scoprirono nuove terre al di là dell’Atlantico e si aprirono nuove strade verso l’Oriente.

Il vino spagnolo, soprattutto quello di Jerez, grazie alla sua felice posizione geografica, in prossimità dell’Oceano Atlantico, veniva imbarcato in grandi quantità nelle navi che partivano per le spedizioni. Ma la qualità che attirava maggiormente era la sua alta gradazione alcolica, dovuta al clima caldo e assolato in cui maturavano le sue uve, a cui seguiva l’appassimento delle stesse, per esaltare la concentrazione degli zuccheri; ciò consentiva a questi vini di affrontare lunghi viaggi in nave, per arrivare a destinazione, senza alterarsi o subire processi di deterioramento.

Infatti, per molto tempo, il problema principale nella commercializzazione del vino era stato il breve tempo di conservazione di questo prodotto. Soprattutto quando il vino venivano scosso nelle botti in alto mare, assumeva velocemente un gusto sgradevole e diventavano aceto; doveva quindi essere venduto entro l’anno.

Sherry  in degustazione dopo la Conferenza

Sherry in degustazione dopo la Conferenza

Il vino si trasforma velocemente in aceto perché uno dei batteri che contiene, l’Acetobacter aceti, si riproduce facilmente in presenza di ossigeno, di bassa gradazione alcolica e di alta temperatura di conservazione. Si era capito che i vini dolci, tra cui quelli di Jerez, con un alto contenuto di alcol, tendevano a conservarsi di più; inoltre la presenza del flor su alcuni di essi, cioè un insieme di lieviti che sviluppa una pellicola sulla superficie di essi, li proteggeva ulteriormente dall’azione dell’ Acetobacter.

Il vino, sempre più richiesto, era ormai diventato parte della vita quotidiana, da quello locale destinato alla consumazione da parte delle classi sociali più povere, al vino proveniente da luoghi lontani, per soddisfare le mense dei nobili. Si verificò un innalzamento del consumo medio di vino per abitante, sino ad arrivare, nel Cinquecento e nel Seicento, a Valladolid e a Parigi, a 100 litri a testa all’anno.

Un’altra caratteristiche dello Jerez era la dolcezza, particolarmente amata dagli Inglesi. L’Inghilterra rappresentava a quel tempo il principale mercato per il vino: tramite i suoi commercianti, era costantemente alla ricerca di vini da importare, per l’impossibilità climatica di produrli nel proprio paese.

Già dal XV secolo esistevano intensi scambi commerciali di vino spagnolo verso l’Inghilterra, la quale, a seguito delle guerre contro la Francia, non importava più il famoso claret dalla regione di Bordeaux, come nei secoli precedenti, e aveva tolto i dazi sull’importazione dei vini spagnoli. Ma fu nel 1500 che il mercato del vino spagnolo crebbe enormemente, grazie alla predilezione degli inglesi per i vini dolci.

Lo Jerez acquistò una popolarità immensa: quando Carlo V, re di Spagna e Imperatore, estese la sua sovranità a partire dal 1505 sui Paesi Bassi, si verificò una imponente crescita delle esportazioni verso l’Olanda e in particolare Anversa, che rappresentava a quel tempo un importante scalo di distribuzione di vini verso i paesi più ricchi del Nord Europa, tra cui appunto l’Inghilterra.

Molti commercianti inglesi dal 1600 si trasferirono in Spagna, sia per iniziare fiorenti scambi con la madre patria, sia per fondare essi stessi cantine di produzione di Jerez; ciò si verificò anche per la produzione di altri grandi vini fortificati, che nacquero nello stesso periodo: Porto, Marsala e Madeira. Anche Francesi, Scozzesi, Irlandesi e Olandesi arrivarono a Jerez de la Frontera per occuparsi del commercio di questo vino, accrescendone enormemente la diffusione.

William Shakespeare nel ritratto eseguito da Martin Droeshout

William Shakespeare nel ritratto eseguito da Martin Droeshout

Lo Sherry, chiamato a quel tempo con il nome di SACK o SECK, era così noto da essere citato più volte da Shakespeare nell’ Enrico IV, nell’ Enrico VI e in Le Allegre comari di Windsor (III, V, 3); in particolare nell’Enrico IV (Enrico IV, Parte II. Atto IV, Scena III) Falstaff descrive i benefici effetti dello sherry:

FALSTAFF … Un buono sherry ha in sé un duplice effetto.

Ti sale su nel cervello, ti ci prosciuga tutti i vapori sciocchi e smorti e raggrumati che lo circondano, te lo rende perspicace, pronto, fantasioso, pieno di forme agili, ardenti e dilettevoli, le quali trasmesse alla voce e alla lingua che le fa nascere si mutano in spirito eccellente.

La seconda proprietà dell’ottimo sherry è che riscalda il sangue, che prima, freddo e fermo, lasciava il fegato bianco e pallido, che è l’insegna della pusillanimità e della vigliaccheria. Ma lo sherry lo riscalda e lo fa correre dalle interiora alle parti estreme.

Esso illumina la faccia, che come un faro dà avviso a tutto il resto di quella piccola nazione che è l’uomo, di armarsi, e allora il popolo degli umori vitali e gli spiritelli dell’interno passano tutti in parata davanti al loro capitano, il cuore, che, grande e gonfio per tale seguito, compie qualsiasi prodezza, e questo valore viene dallo sherry.

Sicché l’abilità nelle armi non è niente senza il vino, che è ciò che la mette in opera, e il sapere non è che un cumulo d’oro custodito da un diavolo, finché il vino non vi dà la stura e lo pone in movimento e funzione.

Se io avessi mille figli, il primo principio di umanità che gli insegnerei sarebbe di ripudiare le bevande leggere e attaccarsi al vino.

Anche il pirata Francis Drake, comandante della flotta inglese che sconfisse l’Invincibile Armada e che conquistò il porto di Cadice con i suoi vascelli nel 1588, fu un estimatore dello sherry: dopo la vittoria, se ne portò via circa tremila otri.

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