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La nuova frontiera del vino: l’affinamento subacqueo

Se invece di un pavimento fatto di terra, di ceramica o di altro materiale, facessimo affinare le bottiglie di vino appena prodotto su un fondale marino cosa succederebbe?

Qualche enologo si è posto questo pazzo quanto interessante interrogativo e cominciato a sperimentare l’affinamento in acqua marina in ambiente controllato o addirittura su fondali marini organizzando immersioni per il controllo e recupero delle bottiglie. La domanda a cui tenteremo di rispondere oggi è: perchè?

Chi utilizza l’affinamento subacqueo?

Pioniere di questo particolare affinamento è stato Pietro Lugano della cantina ligure Bisson, inaugurando gli spumanti Abissi.

L’ambiente in cui avviene l’affinamento degli spumanti Abissi è a circa 60 metri di profondità a Sestri Levante. Questa profondità permette alle bottiglie di essere cullate dalle correnti, lontane dai raggi UV e con una temperatura che varia molto più lentamente che in superficie.

L’idea è nata dalla storia. Nel tempo infatti relitti scoperti in profondità ci hanno fatto riscoprire vini ben conservati poichè il mare riesce ad essere una cantina naturale senza necessità di intervento umano. La prima partita di spumanti abissi è riemersa e messa in vendita nel 2010, le bottiglie oltre ad essere state apprezzate dal punto di vista organolettico hanno particolari unici dal punto di vista estetico.

Il successo di Pietro Lugano e della cantina Bisson non si è limitato ad un interesse mediatico e così altri hanno seguito il suo esempio. Così Mario Peretto della Cantina Santa Maria la Palma ha cominciato ad affinare alcune bottiglie del suo Vermentino di Sardegna a 40 metri di profondità e Gianluca Grilli della Tenuta del Paguro (Ravenna) utilizza questo affinamento per tutti i suoi vini, rossi e bianchi.

Diverso il progetto di Emmanuele Kottakis di Jamin di Recco. Questa società infatti ha ottenuto il permesso di immergere fino a 30 gabbie nell’Area Marina Protetta di Portofino, area dove ha compiuto i primi esperimenti Pietro Lugano. Jamin non parrebbe occuparsi direttamente di produzione enoica bensì affinerebbe prodotti altrui, per ora in particolare si legge di uno Champagne di “Cloe Marie Kottakis” di cui è ancora molto difficile trovare dati a dispetto degli altri prodotti citati.

Quali sono i vantaggi dell’affinamento subacqueo?

Abbiamo già anticipato alcuni dei vantaggi dati dall’affinamento in profondità marina, cerchiamo di elencarli e:

  • il fondo del mare è un ambiente privo di raggi UV, uno dei primi fattori di deterioramento dei prodotti enoici;
  • la temperatura di 13-15 °C è costante nel mar Mediterraneo e non subisce sbalzi improvvisi poichè le masse d’acqua cambiano di temperatura molto più lentamente rispetto all’atmosfera o alla crosta terrestre;
  • le correnti tengono in agitazione i sedimenti all’interno delle bottiglie per poterne trarre tutti i benefici possibili prima della sboccatura che avviene prima della messa in vendita di questi prodotti (nel caso degli spumanti ovviamente);
  • la pressione 3-5 volte superiore di questo affinamento crea un equilibrio perfetto, perché l’assenza di ossigeno evita ossidazione del vino e perdita di proprietà organolettiche.

Oltre a tutto questo le bottiglie riemergono con incrostazioni naturali ad opera degli organismi marini che le rivestono donando ad ogni bottiglia un effetto texture unico e irripetibile.

Da petroliera a reef: la storia del Paguro che non ha mai smesso di vivere

Come abbiamo visto, tra le altre, la Tenuta Paguro di Ravenna riporta in superficie le sue bottiglie di vino dopo un periodo di affinamento sottomarino.

A differenza degli altri produttori la Tenuta Paguro nasce proprio con questo scopo: sfruttare le potenzialità dell’affinamento subacqueo. Così, nel 2010, Gianluca Grilli e Raffaele Ravaglia hanno intrapreso una collaborazione con l’Associazione Paguro per affondare le prime bottiglie ad una profondità di 30 metri.

L’affinamento avviene nelle vicinanze della piattaforma Paguro da cui prendono il nome sia la Tenuta di viticoltori che l’Associazione di tutela e immersioni. Paguro era infatti il nome della piattaforma mobile per l’estrazione del gas metano collocata dall’AGIP tra il 1962 e 1963 al largo della costa ravennate che affondò drammaticamente in una notte di settembre del 1965.

A partire dal 2010, il relitto della piattaforma è riconosciuto come sito di interesse comunitario. La piattaforma in questi anni si è integrata con il fondale marino diventando una sorta di reef artificiale e (ospitando fauna e flora marina in cerca di rifugio e superfici dove proliferare) meta per immersioni ed escursioni.

Il progetto enologico fonda radici nella tradizione e propone i vini classici romagnoli rivisitati da questo affinamento d’avanguardia che ne sublima i caratteri e li riveste di uno smalto unico. Sulle colline di Riolo Terme, la Tenuta del Paguro, coltiva i vitigni autoctoni albana e sangiovese che producono due delle denominazioni storiche della Romagna enoica: Albana di Romagna DOCG e Sangiovese di Romagna DOC.

A queste due linee obbligate per i produttori romagnoli (due vitigni che trovano in questa regione un terroir perfetto in cui esaltarsi) la Tenuta ha deciso di affiancare due vitigni internazionali, vinificati in purezza, da affinare nelle acque dell’Adriatico: il Merlot e il Cabernet Sauvignon.

Siamo convinti che l’affinamento subacqueo saprà esaltare tanti altri vitigni e denominazioni già prestigiose ed imporre ulteriormente quelle etichette di eccellenza che sapranno sfruttarne la potenzialità e riscoprirsi in una nuova veste.

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