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Il fenomeno del gin nel mondo e in Italia

Tutti conosciamo questo distillato dall’aroma predominante di ginepro, ma pochi forse sanno che anche l’Italia si sta ritagliando una fetta di mercato, oltre alla grappa ed altri liquori.

Origine: un po’ di storia

Il gin pare si chiami così per l’impiego del ginepro, pianta che dona l’aroma predominante in questo distillato. La sua nascita è ancora avvolta nel mistero, ma pare che sia stato inventato nell’Olanda del XVII secolo da un farmacista che creò una ricetta diuretica a base di bacche di ginepro infuse in alcol a cui dette il nome di jenever.

Il gin ebbe la sua diffusione in Inghilterra alla fine della Guerra dei Trent’anni (combattuta tra l’Olanda e l’Inghilterra) quando i soldati inglesi rientrarono con il Ducht courage, cioè il jenever olandese, nelle loro borracce. In Inghilterra, tra il XVII e XVIII secolo, alcuni distillatori inventarono una tecnica di lavorazione nota come London Dry Gin, dal quale si ottiene un gin piuttosto secco, aromatico e resinoso. A causa delle ingenti tasse che gravavano sul gin, si diffusero produzioni di gin scadente fino all’entrata in vigore del Gin Act del 1736, con il quale l’Inghilterra regolò la produzione delle distillerie di gin e questa strategia è valida ancora oggi.

La regola base

Il gin è un distillato che si ottiene mediante l’aromatizzazione di alcol con bacche di ginepro. Per la sua produzione possono essere utilizzate solo sostanze aromatizzanti naturali, oppure identiche a quelle naturali.

Il gin inglese viene ottenuto attraverso 2 procedimenti: quello tradizionale (vi rientrano il London Dry Gin e il Plymouth Gin) che prevede la ridistillazione, oppure il compounding che prevede l’aromatizzazione con gli oli essenziali delle componenti aromatiche.

Il gin olandese (noto come jenever) viene ottenuto da una miscela di cereali (mais, segale, malto d’orzo) in cui attraverso una prima distillazione si ottiene un alcol di cereali puro che viene, in seguito, ridistillato in presenza delle componenti botaniche. Il gin olandese ha un colore che può essere dorato e ha un gusto più intenso.

Il gin nelle etichette

Le etichette forniscono al consumatore delle informazioni sul metodo di lavorazione e sul sapore.

  • London Dry Gin: acquavite aromatizzata con ginepro e altri vegetali, il cui tenore alcolico è compreso tra il 45% e il 47%.
  • Plymouth Gin: acquavite di cereali, prodotta nell’omonima città, dal tenore alcolico si aggira attorno al 44%.
  • Special Dry Old Tom Gin: gin dal tenore alcolico del 45% e dal sapore leggermente zuccherato.
  • Sloe Gin: aromatizzato con prugnole selvatiche della Cornovaglia e del Devon, dal tenore alcolico compreso tra il 42% ed il 45% e dal colore rosso amaranto.
  • Jenever: a differenza degli altri, per preparare questo gin si utilizzano solo le bacche di ginepro, che vengono fatte macerare assieme al mosto di cereali destinato alla distillazione.

Gin italiani

Anche gli italiani producono gin, ecco alcuni nomi:

  • Panarea Gin: gin piemontese prodotto dalla famiglia Inga. Panarea Island Gin e Panarea Sunset Gin sono totalmente diversi dai classici London Dry Gin perchè hanno un gusto elegante, con note aggrumate e speziate per esaltare le speciali tecniche di distillazione che sono ancora oggi segrete.
  • Wolfrest Gin: nasce nelle Langhe e la sua caratteristica è data dai profumi di tartufo e nocciole.
  • Villa Ascenti Gin: prodotto dal colosso del beverage Diageo che ha aperto una distilleria in Piemonte. Per realizzare questo gin vengono utilizzati solo ingredienti di prima qualità come l’uva Moscato, la menta fresca, il timo e altre erbe che vengono distillate entro poche ore dalla raccolta.
  • Marconi 46: gin veneto prodotto dalle Distillerie Poli. La caratteristica peculiare è data dalla nota balsamica di Mugo e Cembro, omaggio all’altipiano di Asiago.
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