fbpx

Affinamento subacqueo: storia e tecnica per una cantina in fondo al mare

Le circostanze che portarono all’affondamento di una nave francese che nel 1840 attraversava il Baltico con un carico di preziosissimo Champagne sono ancora incerte e tutte da studiare. Pare che il pregiato vino fosse un regalo di Re Luigi XVI per lo zar Pietro il Grande, che tutta via lo aspettò invano. Nel 2010, infatti, nei pressi delle isole finlandesi di Aaland il relitto è tornato alla luce e con esso ben 186 bottiglie rinvenute intatte.   

Affinamento del vino

I 170 anni trascorsi nelle profondità marine non sembrano aver intaccato la qualità del vino, stando ai risultati pubblicati dagli Atti della National Academy of Sciences (PNAS), che garantisce che il buio e la temperatura costante avrebbero permesso il mantenimento delle qualità organolettiche.  

Questo ritrovamento straordinario ha fatto scattare la scintilla per la nascita dell’affinamento subacqueo.  

Contenuto:

I pionieri dell’affinamento subacqueo

C’è chi fa risalire il rapporto tra vino e mare all’antica Gracia, all’epoca in cui gli abitanti dell’Isola di Chio erano soliti sciacquare l’uva con acqua di mare per rimuovere la patina di pruina dai grappoli per velocizzare l’appassimento. Ma qui parliamo di tutt’altro: si tratta, infatti, di un metodo che coinvolge il vino nel momento successivo alla produzione, ovvero l’affinamento.  

I veri pionieri dell’affinamento subacqueo sono da rintracciare nell’azienda vinicola italiana Bisson che dal 2009 ha messo a punto la propria tecnica di affinamento diventando punto di riferimento nella produzione degli Under Water Wine.  

Ispirata dai tanti ritrovamenti di antiche anfore di vino rinvenute nel Mediterraneo, nel 2009 la Bisson immerge le prime 6500 bottiglie di Metodo Classico a largo delle coste di Porto Fino, a una profondità di 60 metri, dove l’acqua ha una temperatura costante di 15°C.  

La scommessa è vinta e la strada per l’affinamento subacqueo è ormai aperta.  

Perché affinare in fondo al mare

Le profondità marine rappresentano, dati alla mano, un’alternativa valida alle cantine per l’affinamento del vino. Lasciare il vino sott’acqua per qualche mese equivale a un affinamento di anni sulla terra ferma.  

Il mare permette di mantenere una pressione costante sulle bottiglie (sette atmosfere, ovvero l’equivalente della pressione interna di una bottiglia di metodo classico). Il vino si comprime in mare e sprigiona le sue qualità organolettiche con maggiore forza una volta stappato.  

Ma non solo la pressione è fondamentale: il buio totale e la temperatura bassa (sempre intorno ai 15°C) sono pressocché impossibili da mantenere allo stesso modo in una cantina tradizionale.  

Infine, il leggero moto ondulatorio delle correnti non permette la sedimentazione dei lieviti residui. 

Affinamento subacqueo in Europa e Italia

L’affinamento subacqueo oggi

Oggi le aziende italiane che utilizzano questa tecnica sono diverse: in Emilia-Romagna si affinano Sangiovese e Albana a largo di Ravenna; il Vermentino subacqueo lo potete trovare solo in Sardegna, lungo le coste di Alghero, per fare solo due esempi.  

All’estero, anche Spagna, Grecia e Croazia hanno avvito molte altre rinomate produzioni di vino subacqueo.  

L’affinamento subacqueo è un settore in crescita che può rappresentare una nicchia di business molto interessante per i produttori che abbracciano la sperimentazione. 

X

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi