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Il racconto del rapporto millenario tra uomo e vino al WiMu

Tutto ciò che ci circonda può apparire agli occhi dei più acuti osservatori come la realtà loquace di un racconto estremamente singolare. Quando affamati ci affidiamo nelle mani dello chef che cucina, troviamo sotto il nostro naso un piatto compiuto, finito, pronto per soddisfare ed appagare le nostre momentanee esigenze. Per il vino è un po’ così, apriamo la bottiglia, lo versiamo e lo beviamo, certe volte un po’ incuranti del suo trascorso.

L’uomo e il vino

Con un briciolo di attenzione ed una fervida immaginazione possiamo però concederci di viaggiare dalla piccola casa in campagna o grattacielo in città, dritti al paese natio di quell’uva, verso la terra che ha portato alla luce quegli specifici ingredienti che gustiamo nel nostro piatto. Allora scopriamo che c’è tanto più gusto nel vivere ogni passaggio di quella preparazione, sentendoci noi stessi come dei vini autoctoni, le cui uve scelgono, per mano di un attento vignaiolo, di sprigionare il meglio di sé proprio lì, in quel terreno e in quel preciso momento. Nulla di più che la regola del qui ed oggi, che rende noi e il vino, capaci di cose grandi a partire da ciò che siamo, dove siamo e con quanti ci circondano.

Il risultato? Un percorso che si specchia in un ciclo vitale che ripercorre ogni giorno gli stessi passaggi, conditi dalle stesse attese, riuscendo però ad essere ogni volta sorprendentemente diverso. Unico, direi.

Uomo-vino al WiMu

Si tratta del rapporto uomo-vino, intrecciato e millenario. Il WiMu, il Museo del Vino, nel Castello di Barolo, intende favorire l’idea di un racconto che coinvolga il visitatore in un’esperienza unica nel suo genere. Qui l’impegno non risiede nella mera spiegazione della produzione di vini, quanto piuttosto al rapporto tra vino e uomo nel corso delle civiltà, attraverso la natura, le arti, la pittura, la letteratura, e di come entra in cucina.

Il tutto ben studiato dallo svizzero François Confino, noto specialista in allestimenti museali, apprezzato per il suo essere poetico ed evocativo.

Il WiMu

Alessandra Muratore, che dirige il museo, racconta il WiMU, Museo del Vino. Esso nasce a Barolo nel 2010 e oggi incarna una realtà giovane in forte crescita. Nel 2017, con 10 mesi di attività, sono state raggiunte le 51000 visite, ormai lontane dai soli periodi stagionali, grazie anche al ruolo fondamentale dell’Atl Alba-Bra Langhe e Roero. Con la loro collaborazione, è stato possibile aprire anche nei week end di febbraio, accogliendo quei flussi turistici legati alle mostre invernali della Fondazione Ferrero.

La visita

Alessandra riporta alcune fasi della struttura del percorso guidato, spiegando che si comincia dall’alto, dal terzo piano, dove è il rapporto tra natura e vino ad essere protagonista, dove il visitatore entra in contatto con gli elementi fondamentali per la vita, quindi anche per il vino. Il visitatore si percepisce incluso nel tempo che avvolge il ritmo delle stagioni. Recandosi verso il piano inferiore ascolta il racconto sulla storia dell’uomo e del vino, per poi raggiungere il primo piano, il piano nobile, abitato dai Marchesi Falletti, in cui si possono ammirare ancora gli arredi di metà ‘800 appartenuti a Giulia di Barolo e a Carlo Tancredi.

Nella sala principale troviamo un omaggio ai Barolesi e al piano interrato, c’è un’aula didattica, per chi vuole approfondire, con un professore virtuale che tiene la lezione. La sala è allestita con gli antichi banchi del collegio che, dopo la morte di Giulia di Barolo, su sua volontà, fu ospitato dal Castello.

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