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Vitigni Campania, ecco la top five

Affascinante sotto tanti aspetti, in grado di riunire paesaggi, natura, storia, arte e cultura, la Campania è tradizionalmente considerata una delle regioni dove è nata la “dieta mediterranea” ed è nota in tutto il mondo per l’ampiezza e il gusto delle sue produzioni gastronomiche. Negli ultimi anni, però, sta salendo alla ribalta anche la sua varietà enologica, grazie a vitigni antichi e pregiati, che sono alla base di produzioni di spiccata tipicità e qualità.

Coltivazioni di origine classica

Il territorio regionale si caratterizza per la presenza di ceppi millenari in molti vigneti: le qualità della Vitis Hellenica, del Vinum Album Phalanginum, della Vitis Apiana o della Aminea Gemina, celebrate nel mondo classico da autori come Virgilio, Cicerone, Marziale e Plinio, ad esempio, sono i progenitori delle attuali produzioni di Greco, Falanghina, Fiano e Aglianico, che oggi è il “principe” dei vini campani.

L’enologia di questa terra si caratterizza attualmente per l’enorme ricchezza varietale delle viti coltivate sul territorio: si possono infatti elencare come autoctoni oltre 100 vitigni della Campania, sia a bacca bianca che a bacca nera o grigia, numero che non ha pari in nessuna altra area viticola al mondo. Merito anche degli attori del territorio, che hanno protetto e incentivano i vitigni locali scoraggiando o vietando l’impianto con ceppi stranieri.

L’influenza positiva della natura

La regione deve la sua fortuna anche alle proprie caratteristiche geografiche: non a caso, la Campania si caratterizza per la molteplicità di ambienti vocati alla coltivazione della vite, ciascuno con prerogative ben definite e connotazioni specifiche. In genere, si distinguono principalmente un nucleo costiero (vitigni che si sono adattati al mare e alla salsedine), un nucleo vulcanico (nelle terre del Vesuvio, della Solfatara di Pozzuoli o del vulcano Roccamonfina, ad esempio) e un nucleo afferente alle aree interne (terreni per lo più argillosi), dove esistono dei “capofila” davvero molto importanti. Non stupisce allora che in Campania i vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC) siano ormai 15, cui vanno aggiunti 4 a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) e altri 10 vini che si fregiano della Indicazione Geografica Tipica (IGT).

La classifica dei vitigni in Campania

Volendo procedere a una sorta di “classifica” dei cinque migliori vitigni campani, impossibile non menzionare quelli provenienti dalle vigne interne, come il Greco (l’antica Aminea Gemina, da cui nasce il Greco di Tufo), la Falanghina (che dona il suo nome alla DOC campana più diffusa, la “Falanghina del Sannio”) e il Fiano (identificato con le antiche uve apiane, da cui deriva il Fiano di Avellino). Più particolari sono le caratteristiche della “Coda di Volpe”, chiamata anche Pallagrello o Coda di Pecora, che deve il suo nome alla forma del grappolo, che ricorda per l’appunto la coda delle volpi, così come quelle del Piedirosso, vitigno a bacca rossa che deve la denominazione alla colorazione rossastra assunta dai raspi maturi (che peraltro somigliano alla forma delle zampe dei piccioni, al punto che in dialetto napoletano il vino prodotto viene battezzato “Pèr ‘e Palummo”).

Aglianico, principe dei vitigni e padre di vini pregiati

Ma la vigna campana ha forse un signore incontrastato nell’Aglianico, un vitigno antichissimo da cui si ricavano vini di eccellente qualità, a partire dal Taurasi, primo inserito tra i DOCG dell’Italia meridionale, e passando per Aglianico del Taburno (altro marchio DOCG), Falerno del Massico e Galluccio. Merito di un’uva dalla maturazione tardiva, che genera una robusta spalla tannica e un alto contenuto di estratto, e che è oggi una delle punte di eccellenza non solo della Campania, ma dell’Italia intera.

Fonte immagine: Espresso Napoletano

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