L’uso dell’anfora legato alla vinificazione risale a circa 6000 anni fa. Solo di recente questa antica tecnica è stata riscoperta nel mondo del vino, soprattutto naturale.
Cerchiamo di capire cosa implica la vinificazion in anfora e scopriamo come viene utilizzata oggi.
Prima di procedere, come sempre, un piccolo excursus storico sull’origine della vinificazione in anfora!
xtraWine curiosity corner: origine della vinificazione in anfora
In Georgia presso 2 siti archeologici (Shulaveri Gora e Gadachrili Gora localizzati vicini alla capitale della Georgia, Tbilisi) sono stati scoperti frammenti di anfore risalenti a circa 6000 anni fa nelle quali sono state rinvenute tracce di acido malico, acido citrico e acido succinico.
I produttori di anfore adatte alla vinificazione oggi sono localizzati in Georgia, Spagna e Italia. La Georgia è l’unica regione nella quale non si è mai smesso di realizzare anfore per la vinificazione. Conosciuta sopratutto per l’utilizzo dei tradizionali otri di forma ovoidale prodotti in argilla cotta conosciuti come qvevri.
Infatti, l’utilizzo dei qvevri si e’ diffuso in maniera capillare nel Paese tanto da diventare un vero e proprio metodo di vinificazione. A tal punto che nel 2013 il metodo Qvevri è stato inserito nella lista Unesco del Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Il metodo Qvevri
Qvevri è il nome di un particolare vaso di terracotta utilizzato per la vinificazione. Il Qvevri ha una capacità tra i 100 e i 4000 litri (capacità media di 1000 litri). Queste anfore è che non possiedono manici e sono destinate all’interramento. Sono realizzare in terracotta, non sono smaltate.
Le anfore sono ricoperte da un sottile strato di cera d’api all’interno, per limitare l’evaporazione e lo scambio con l’ambiente esterno. L’esterno, invece, è ricoperto con uno strato di calce. Le anfore sono interrate in ambienti coperti: questo garantisce una temperatura temperatura costante sia nella fase di fermentazione e maturazione, sia in quella di affinamento.
La vinificazione in Qvevri
Il metodo Qvevri prevede più soluzioni per quel che riguarda l’utilizzo delle bucce e delle vinacce:
- “Imereti” prevede l’utilizzo del 10% circa di bucce e di vinaccioli senza raspi,
- “Kartli” prevede l’impiego del 30% circa di bucce, vinaccioli e raspi;
- “Kakheto” (utilizzato anche da Joško Gravner), prevede l’utilizzo del mosto delle vinacce complete di bucce, vinaccioli e raspi.
Dopo una soffice pigiatura il mosto è messo nei Qvevri. Da qui il metodo è unico e le tempistiche determinanti.
Infatti, nei primi 10 giorni circa si ha la fermentazione alcolica la quale inizia spontaneamente grazie ai lieviti indigeni.
Durante questo breve periodo il Qvevri è lasciato aperto per:
- far uscire l’anidride carbonica dal recipiente
- permettere di spingere sul fondo il cappello di vinacce, favorendo l’estrazione dei polifenoli e delle altre componenti presenti nelle vinacce.
La natura regola la temperatura: le anfore interrate riescono a mantenere una temperatura relativamente bassa. Le vinacce, una volta conclusa la fermentazione, si depositano sul fondo in piccole quantità proprio grazie alla forma particolare del Qvevri.
In seguito, le anfore sono riempite fino all’orlo con altro vino della medesima tipologia.
Un coperchio è infine appoggiato sopra l’apertura fino al completamento della fermentazione malolattica.
Vinificazione in anfora oggi
Italia e Spagna
In Spagna, il centro di produzione delle anfore (Tinajas in lingua locale) è localizzato a Villarrobledo, centro attivo sin dal diciassettesimo secolo.
In Italia la prima azienda specializzata è Fornace Artenova sita ad Impruneta (Toscana) che dal 2008 produce giare: la peculiarità di queste anfore italiane è data dalla terracotta di Impruneta che non necessita di un rivestimento interno in cera d’api perché non disperde il vino, inoltre, queste anfore non rilasciano sostanze metalliche in base alle analisi effettuate.
Joško Gravner
Il precursore italiano indiscusso della vinificazione in anfore è Joško Gravner, che nel 1996 fece il suo primo esperimento di vinificazione della ribolla con lunga macerazione sulle bucce.
“Sono convinto che il vino è un prodotto della natura, non dell’uomo, il cui ruolo è quindi quello di accompagnare il suo processo di maturazione, evitando qualsiasi intervento artificiale“.
Questa convinzione di Joško Gravner, è un po’ il fuoco del sistema biodinamico.
La produzione di vini da agricoltura biologica e biodinamica infatti è in grande ascesa così come la richiesta dal punto di vista commerciale in Italia e all’estero.
Crediamo che la vinificazione in queste anfore, possa presto essere sperimentata da tutti i produttori di vino che si convertiranno al regime biologico o biodinamico in modo parziale o assoluto.