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Sputacchiera, il dilemma dei sommelier

Nelle grandi fiere e manifestazioni a tema enologia 30è una comparsa silenziosa ma utile per il lavoro dei sommelier e dei winelover, anche se spesso genera una dose di diffidenza e imbarazzo, e addirittura c’è tra gli addetti ai lavori che ne sconsiglia assolutamente l’uso. Oggi parliamo della sputacchiera per il vino, ovviamente da non confondere con il cestello per il ghiaccio, il “seau à glace” che ha un impiego completamente differente e più “in”.

Inevitabile o da sconsigliare?

Parafrasando Shakesperare, il dilemma che attanaglia i sommelier è quello tra “sputare o non sputare” usando l’apposito strumento; se, infatti, c’è una parte numerosa di addetti ai lavori che difendono l’impiego della sputacchiera, ritenuta inevitabile e indispensabile quando si deve procedere a un ampio numero di assaggio, lo “zoccolo duro” del settore invita invece a non pensare al vino come a un collutorio con cui bagnarsi semplicemente la bocca.

Pollice in su o bocciata?

Il popolo del “pollice verso” verso la sputacchiera sottolinea tra i fattori negativi anche il nome fastidioso, lo scarso appeal estetico dello strumento e la generale brutta sensazione nel suo uso, anche perché a fine degustazione il cestello è pieno.

Chi invece difende il raccoglitore di vini (e salive) evidenzia la sua funzione pratica per consentire di non abusare di vino, ma anzi di proseguire con la degustazione e rimanere lucidi nel giudizio (e sulla via del ritorno a casa) anche in eventi che prevedono oltre 30 etichette (e relativi assaggi).

I più noti sommelier sono critici

A guardare bene, nel panorama italiano i sommelier più famosi sono molto critici verso la sputacchiera. Luca Gardini, già campione del mondo in carica di sommelerie, non usa mezzi termini: “Il vino non è un collutorio”, dice, e spiega che “per giudicarlo davvero bisogna deglutirlo, per apprezzarne le sensazioni retrolfattive. Un piccolo sorso è sufficiente, non si parla certo di quantità da osteria”. No allo sputo anche per Lorenzo Rondinelli, che confessa di usare “la sputacchiera o il secchiello in degustazione per versare il vino di troppo che resta nel bicchiere da cui bevo solo un sorso. Non sputo perché anche deglutire per me ha una funzione importante nella valutazione di un vino”, aggiunge. Gli fa eco Alessandro Scorsone, sommelier e maestro di cerimonia di Palazzo Chigi (volto noto anche de “La prova del cuoco” su Rai 1), che è convinto che usare la sputacchiera durante una degustazione sia disdicevole, soprattutto in presenza del produttore, e dice che “ un degustatore non dovrebbe sputare mai e comunque non a cannella. Andiamo a cercare l’eleganza nel servizio, l’eleganza nel versare e poi perdiamo eleganza nello sputare. Basta fare un piccolo sorso. Non mi si venga a parlare del rischio di ubriacarsi e perdere lucidità. Se uno che fa questo lavoro non regge alcuni piccoli sorsi, allora cambi mestiere”, per poi concludere “ C’è solo un motivo per cui uno debba sputare: un vino non buono”.

Il giusto compromesso

Più possibilista la posizione di altri due professionisti dell’assaggio come Fabio Rizzari e Andrea Grignaffini; il primo, infatti, ammette che “in un mondo ideale, in cui si assaggiassero meno vini, la cosa migliore sarebbe inghiottire. Ma appunto viviamo nel mondo reale, e in alcune degustazioni si assaggiano anche 80 vini. Dobbiamo salvaguardare la salute e la lucidità. Eviterei piuttosto tutti i rumori che danno un aspetto circense ad alcuni colleghi”; per lui, comunque, “l’ideale sarebbe fare un sorso e buttare giù. Non sempre è possibile, comunque per vini più complessi cerchiamo di inghiottire una sia pur piccola parte”. Anche Griffagnini ammette che “in caso di degustazioni massive, si sputa per evitare troppo alcol. Ma è una pratica che a me non piace nonostante sia stata anche rivalutata e addirittura spettacolarizzata da alcuni degustatori ‘lama’ francesi che arrivano a virtuosismi ed evoluzioni da record. Si voltano e centrano la sputacchiera da lontano. Sputare a volte diventa una necessità. Ma bisogna riconoscere che per le sensazioni retronasali non deglutire è un limite”.

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