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Si diffonde anche in Italia il diritto di tappo

Fino a qualche anno era una pratica poco gradita e sconsigliata, ma a guardare le ultime notizie pubblicate anche sul Corriere della Sera sono in aumento in tutta Italia i locali che iniziano ad accettarla: oggi parliamo del diritto di tappo, ovvero della possibilità per i clienti di poter consumare al ristorante una bottiglia di vino acquistata altrove e portata da casa, in cambio del pagamento al ristoratore di una somma per i servizi messi a disposizione.

Cos’è il diritto di tappo

Come molte delle tendenze attuali in fatto di vino, anche il diritto di tappo nasce all’estero, e per la precisione nei mercati anglosassoni; in lingua inglese, infatti, si definisce corkage fee ma è già da tempo presente anche l’espressione BYOB, acronimo dal doppio significato: può infatti far riferimento sia al “bring your own booze”, ovvero “porta i tuoi alcolici”, sia al più formale “bring your own bottle”, vale a dire semplicemente “porta la tua bottiglia”. E in America sono sempre più numerosi i locali, ormai rintracciabili anche online, che espongono con fierezza un’insegna con questa sigla.

Come funziona il diritto di tappo

Come detto, in estrema sintesi con questa perifrasi si descrive la possibilità che un ristorante offre al cliente di consumare, nel corso di un pasto, una bottiglia di vino non presente sulla carta ma portata da casa o acquistata altrove. Negli intenti, rappresenta un mezzo utile alla diffusione della cultura del vino e del bere bene, ma ovviamente va applicato con la giusta intelligenza. Per usufruire di questa opportunità basta pagare sul conto una somma che corrisponde a quella necessaria al servizio, alla stappatura, al lavaggio di bicchieri e all’uso del decanter.

I vantaggi della pratica

Secondo quanto si legge anche online, questo sistema sta trovando successo perché consente a collezionisti e intenditori di poter abbinare bottiglie di particolare pregio ai piatti serviti durante il pranzo o la cena, anche se le stesse non figurano sulla carta dei vini del ristorante scelto. Si tratta, cioè, di un mezzo per superare la limitatezza di carte dei vini non particolarmente nutrite o ricercate. Dal punto di vista dei ristoratori, la pratica si è rivelata un buon metodo per attirare una clientela più numerosa, a cui è stata data la possibilità di risparmiare sui (solitamente cari) vini presenti in menù, senza però rinunciare a un accompagnamento alcolico.

Quanto costa il diritto di tappo

In generale, la quantificazione della spesa dovrebbe essere legata alla politica di prezzi e al piano di investimenti attuato dal singolo locale; questo significa che ogni ristoratore può decidere la propria tariffa, che va solitamente negli Stati Uniti oscilla tra i 15 e i 25 dollari, mentre in Italia è più economica e tocca al massimo i 10 euro. A livello assoluto, il record del corkage fee più caro del mondo va attribuito al ristorante “Per Se” di Thomas Keller a New York, dove la quota è di 150 dollari a bottiglia.

Il diritto di tappo in Italia

Nel nostro Paese, per fortuna, non si raggiunge questo estremo, e anzi ci sono anche esempi “virtuosi” di ristoranti che non applicano sovrapprezzi, consentendo all’ospite di portare una bottiglia a tavola senza spesa aggiuntiva. Più di frequente, però si applica un costo fisso (come detto, tra i 5 e i 10 euro in media), oppure si calcola un prezzo in percentuale sul valore della bottiglia, soluzione spesso adottata nei ristoranti stellati. Non mancano poi (anzi, sono la maggioranza) i ristoratori che non contemplano per nulla il diritto di tappo, giustificando questa decisione con la difesa delle proprie scelte enologiche o con il mancato guadagno alla voce cantina.

Dove funziona il diritto di tappo in Italia

Come detto, il Corriere della Sera ha dedicato un approfondimento a questo tema, indicando inoltre alcuni dei principali ristoranti in cui gli appassionati di vino possono portare una bottiglia a tavola. A Milano c’è la concentrazione maggiore, perché questa opzione è consentita presso “Daniel”, “Manna” e “Droit de Bouchon” (che, anzi, ne ha fatto la filosofia di base del locale, all’insegna del motto “Tu porti il vino e noi cuciniamo”); via libera anche alla “Osteria al Gigianca” di Bergamo e a “Birilli” a Torino, e restando al Nord si segnalano anche “Opera viva” di Parma, “Pepe nero” a Prato e “Atman” in provincia di Pistoia, mentre andando verso Sud si trovano “L’oste della Bon’Ora” a Grottaferrata (Roma) e “Veritas” a Napoli.

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