Ad una conferenza a Firenze sono state presentate in anteprima assoluta 40 bottiglie di Nesos. L’evento è stata organizzato dall’Università di Pisa in collaborazione con la Regione Toscana, Toscana promozione Turistica, Vetrina Toscana e Fondazione Sistema Toscana.
Il Nesos è un vino prodotto nell’Isola d’Elba utilizzando le uve di Ansonica, i cui grappoli interi vengono immersi in mare ad una profondità di 10 metri per 5 giorni in apposite nasse di vimini, uve che poi vengono affinate in anfora di terracotta per 6 mesi.
Chi ha seguito questo progetto?
A riportare in vita questo vino e questa tecnica che si credeva persa nella storia è stato il vignaiolo elbano Antonio Arrighi (da oltre dieci anni sperimenta e vinifica nelle anfore di Impruneta), assieme al professor Attilio Scienza dell’Università La Statale di Milano, ad Angela Zinnai e Francesca Venturi dell’Università di Pisa.
La professoressa Zinnai è riuscita a dare il suo contributo anche grazie ad una sua studentessa, Naomi Deaddis, che ha dedicato la sua tesi di laurea all’esperimento e reperimento delle particolari nasse.
Perchè l’Antica Grecia?
Il Nesos è stato realizzato utilizzando una tecnica in uso nell’Isola di Chio fin dai tempi dell’Antica Grecia: i grappoli interi venivano immersi in mare, con lo scopo di togliere la pruina (velo ceroso che riveste gli acini) dalla buccia per accelerare l’appassimento al sole e preservare l’aroma del vitigno. I viticoltori dell’isola di Chio custodivano gelosamente questo segreto che lo rendeva unico e in grado di sopportare il trasporto via mare.
I vini di quest’isola dell’Egeo orientale erano considerati dei prodotti di lusso sul mercato prima di Marsiglia e successivamente di Roma. Varrone li aveva definì “vini dei ricchi”, e Plinio Il Vecchio scrisse che questi vini furono offerti da Cesare per celebrare il suo terzo consolato.
Che cosa dice la scienza?
Questa tecnica è stata riutilizzata dopo 2500 anni all’Elba utilizzando l’ansonica, un’uva a bacca bianca coltivata sull’isola, che presenta caratteristiche simili a quelle delle uve utilizzate nell’Egeo (il Rhoditis ed il Sideritis), uve caratterizzate da una polpa croccante e una buccia resistente che consente la permanenza in mare.
Durante l’immersione il sale marino a contatto con l’uva ha un effetto antiossidante e disinfettante e ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, e dopo un anno di affinamento in bottiglia, il vino risulta essere naturale e simile a quello prodotto 2500 anni fa.
I ricercatori dell’Università di Milano hanno analizzato il DNA di un set di vitigni dell’Isola del Giglio e della Toscana tirrenica e li hanno confrontati con altre analisi di vitigni provenienti dal bacino del Mediterraneo, scoprendo notevoli analogie genetiche tra il vitigno Ansonica-Inzolia e i due vitigni dell’Egeo orientale (Rhoditis e Sideritis).
Quali sono le caratteristiche sensoriali?
Il vino possiede abbondati riflessi dorati, sentori di frutta matura a polpa bianca e gialla, gusto salino, rotondo e floreale.
Il contenuto fenolico totale di questo vino risulta essere doppio rispetto a quello prodotto tradizionalmente, grazie alla maggiore estrazione legata alla parziale riduzione della resistenza della buccia.
Un film dedicato a questo vino
Durante il convegno fiorentino è stato proiettato in anteprima italiano il documentario “Vinum Insulae“, film documentario diretto da Stefano Muti (Cosmomedia) racconta l’esperimento enologico di Nesos. Il film si è aggiudicato il primo premio come miglior cortometraggio al 26° Festival International Œnovidéo di Marsiglia.
Amo la buona cucina e le tradizioni enogastronomiche italiane, per me vino e dessert non sono solo un contorno ma la parte più interessante del buon vivere.