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L’Etna di Planeta: viticoltura di montagna in Sicilia

Oggi rivolgiamo qualche domanda all’enologa Patricia Tóth, che si occupa fin dal primo giorno delle attività di Planeta sull’Etna.


Si legge parecchio dell’Etna, e sembra proprio un “parco avventura” per geologi, agronomi, viticoltori; inoltre, ultimamente non facciamo che guardare le sue continue e spettacolari attività vulcaniche. Ci racconti qualcosa?


È proprio come hai appena detto: l’Etna è un unicum, ti costringe a rivedere tutto quello che credevi di sapere. È un territorio “vivo” più di ogni altro, in continuo cambiamento: basti pensare alla natura dei suoli, composto da ceneri vulcaniche che si aggiungono continuamente, così come i materiali organici, e dal degradamento delle pietre laviche che non si ferma mai. Il tutto nei pochi piccoli plateau naturali o più spesso nelle terrazze costruite dall’uomo con le stesse tecniche degli albori dell’agricoltura. Qui le eruzioni si sono susseguite in tutte le ere geologiche, ma dopo appena un paio di centinaia di anni quello che sembra un paesaggio lunare, sterile, diventa di nuovo terra coltivabile. Come in un quadro di Jackson Pollock le pennellate si sovrappongono, e creano dei substrati sempre diversi che diventano la disponibilità per la vite, mutandone le caratteristiche metro per metro.


Planeta però nasce altrove, a Menfi e Sambuca di Sicilia; come mai nel 2006 avete iniziato ad acquistare terra sull’Etna?

Il Viaggio in Sicilia della famiglia Planeta non poteva che avere inizio nei luoghi di origine. Qui a metà degli anni ’90 si è concretizzato un lungo lavoro di ricerca e sperimentazione che era iniziato nei primi anni ’80. Le tappe successive hanno avuto come focus il Nero d’Avola, a Vittoria e a Noto, quindi ovviamente vini rossi territoriali. Dopo pochi anni, nel 2006, siamo arrivati sull’Etna, con un obbiettivo iniziale, un progetto completamente diverso, inedito anche tra i produttori locali più radicati nel territorio: prima di tutto realizzare in Sicilia dei grandi bianchi di montagna. Prova ne è che quando abbiamo acquistato la prima tenuta – Sciaranuova, 810-900 m s.l.m. nel territorio di Passopisciaro – delle 12 terrazze che abbiamo ripristinato ben 9 furono dedicate al Carricante, e una al Riesling.

Scelte controcorrente, se consideriamo che ancora oggi il Carricante rappresenta meno del 20% della viticoltura etnea. Sciaranuova sono 16 ettari immersi tra i boschi, con un palmento antico e una vista mozzafiato sulla Valle dell’Alcantara e sui Nebrodi: per questa ragione abbiamo costruito la cantina altrove, ben 6 anni dopo, a Feudo di Mezzo. A Sciaranuova abbiamo preferito – seguendo l’attenzione della famiglia Planeta al territorio e al paesaggio – restaurare gli antichi fabbricati e farne il luogo dell’accoglienza. Il focus sui bianchi è stato bilanciato successivamente, con altri acquisti a quote leggermente più basse, come Montelaguardia, dove il Nerello Mascalese la fa da padrone. Last but not least, tutte le attività sull’Etna seguono da oltre 10 anni i rigidi protocolli che la certificazione SOStain richiede. E non potrebbe essere altrimenti: un luogo come l’Etna, patrimonio UNESCO, richiede il massimo rispetto dell’ambiente, delle comunità, del paesaggio.


Abbiamo capito che l’Etna non assomiglia a null’altro: come sì fa a dare il via a una azienda vitivinicola in un territorio così diverso e sconosciuto? Come si procede?

Detto in poche parole, se si vuole realizzare un progetto ambizioso, c’è un nemico principale: la fretta.
In ciascun territorio nel quale siamo arrivati – e a maggior ragione sull’Etna, un luogo totalmente diverso – abbiamo utilizzato un approccio lento, una sorta di avvicinamento graduale, con un orizzonte minimo di 10 anni: prima indagini e osservazioni dell’ambiente e del suolo, poi dei dettagli climatici, quindi la ricerca della migliore combinazione tra le varietà e le microzone, una sorta di decodificazione di ciascun cru.

Poi il lavoro sulle microvinificazioni, infinite prove, ciascuna delle quali ci ha suggerito delle tecniche nuove in cantina ma soprattutto in vigna, per ottenere il meglio dal carattere di ognuno dei tanti microterritori dai quali l’Etna è costituito. In buona sostanza, se aggiungiamo anche la variante dell’età dei vigneti e delle variazioni climatiche di annata in annata, ogni vendemmia è una nuova sfida: come dicevamo all’inizio, sul Vulcano non ci si annoia mai!  

Non possiamo però chiudere questa chiacchierata senza chiederti dei vini che hai fatto sull’Etna. Ti domandiamo soltanto: qual è il tuo preferito?

Risposta difficile, soprattutto negli ultimi anni: siamo veramente contentissimi dei risultati ottenuti, sia sui rossi che sui bianchi e sul nostro metodo classico da Carricante.
Se però penso ad un vino che esprime più di ogni altro il progetto di Planeta sull’Etna e il mio lavoro, la risposta è più facile: Eruzione 1614 Carricante (90% Carricante, 10% Riesling, dai vigneti di Sciaranuova).


Innanzi tutto perché è la nostra prima etichetta sul Vulcano, poi perché davvero rappresenta la ragione principale per la quale siamo arrivati a Sciaranuova; come detto in precedenza, produrre in Sicilia un grande bianco di montagna, destinato a un lungo e felice invecchiamento. Per me è la perfetta espressione del territorio. Del mio stesso parere è anche Robert Parker’s Wine Advocate, che lo ha inserito tra i suoi 10 vini del cuore! Senza dubbio, la mia più grande soddisfazione professionale. Se ti è piaciuto questo articolo, leggi anche “IL MARE COLORE DEL VINO, I VINI COLORE DEL MARE“.

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