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Il vino e la botte

Detta così sembra il titolo di una fiaba di Esopo. Probabilmente il sapore fiabesco non è poi così fuori luogo, parlando del legame tra il vino e la botte. probabilmente ciascuno di noi, sin da bambino, ha imparato ad associare alla parola “vino” l’immagine di una cantina piena di botti: una visione romantica che lega presente e passato della produzione enologica.

La botte è un’importante “freccia” nella “faretra” di un enologo; tra le più tecniche e complesse da utilizzare e gestire. Sommariamente, possiamo direche la botte interagisce con il vino per: componenti tannici che rilascia, sostanze aromatiche cedute e micro-ossigenazione che garantisce al vino.

Approfondendo l’argomento, la complessità di questo “strumento” deriva dall’apporto totalmente naturale che “garantisce” e da quel “non so che” d’ignoto che cela ogni trasformazione naturale.

Scegliere una botte per vinificare, significa scegliere i seguenti fattori:

  • zona di provenienza
  • tipologia di legno
  • stagionatura
  • livello di tostatura
  • dimensioni
  • passaggio
  • durata della maturazione.

La zona ed il legno

Quercus Sessilis

Quercus Sessilis

La zona di produzione è molto correlata alla tipologia del legno. I legni destinati alla produzione di qualità sono ormai noti, ovvero legni di rovere (delle famiglie Quercus sessilis, Quercus robur e la Quercus alba) originari di alcune zone produttive della Francia e delle foreste balcaniche della Slavonia o di Slovenia e Ungheria. In Francia, nella zona del massiccio Centrale, viene “ricavato” il legno di maggior qualità, nelle celebri foreste di Tronçais, Nevers, Allier e Limousin. Va precisato che “ricavare il legno” significa utilizzare tronchi di alberi di 120-140 anni di età.

La qualità del legno dipende dalla porosità (o grana) del legno stesso: legni con grana grossolana influenzano fortemente il vino cedendo molti tannini e pochi aromi. Ciò non accade nel caso del Rovere sopracitato, che per natura ha una “grana fine” del legno.

Il legname è poi influenzato fortemente dal metodo di taglio (in particolare le barrique di alta qualità vengono realizzate con doghe a “spacco”, ossia assi di legno ricavate da spaccatura, anziché più economicamente da taglio con sega) e dalla “stagionatura” (periodo in cui il legno verrà lasciato riposare all’aria aperta e alle intemperie per un tempo variabile da un anno e mezzo a cinque anni). In questo caso, i tannini (causa dell’astringenza in bocca) più aggressivi del legno si disciolgono naturalmente, garantendo sostanze tanniche più “dolci” e morbide.

Tostatura e composizione

Ad intervenire ulteriormente nella qualità “costruttiva” della botte ci sono infine tostatura e composizione delle doghe.

Tostatura botte

Tostatura botte

Nel primo caso, sfruttando una tecnica di curvatura e sigillatura delle doghe della botte, attraverso il fuoco, si porta a tostare il lato del legno a contatto con il vino, aumentando la gamma di aromi che il legno può cedere: in particolar modo quello di vaniglia (tipico di botti di media tostatura) che facilmente si riscontra al naso, nei vini che hanno usufruito di una maturazione nel legno. A titolo di curiosità, segnalo anche tostature intense, che liberano particolari sentori di fumè, che trovano però maggior uso nella maturazione dei distillati o di vini liquorosi.

La composizione delle doghe, che possono esser di essenze diverse, permette di graduare il carico aromatico desiderato, componendo, quindi, sapientemente i vari effetti sopraelencati. Va messo in luce che da sempre le botti sono fatte anche con altri tipi di legnami (altrimenti sai che costi aspettare 120 anni per del rovere!) come ad esempio: Ciliegio, Acacia, Frassino e Castagno: si tratta di legni meno nobili in grana ma che apportano comunque un corredo aromatico ed una carica tannica particolare, a costi sicuramente più contenuti. Inoltre, l’opportunità della composizione delle doghe di legnami diversi permette un continuo evolversi dell’arte bottaia nonché dello studio della loro influenza nel vino. Non di rado, negli ultimi anni, piccoli produttori di vini in stile “naturale” sperimentano passaggi del loro vino in legno con botti di Ciliegio, Castagno o Acacia.

Finora si è parlato di legno e dell’influenza dei costituenti della botte, ora resta da definire l’influsso delle scelte dell’enologo.

Le scelte dell’uomo.. dimensioni e tempo di maturazione in botte

Qui dimensione della botte, tempo di riposo e maturazione e “passaggio” sono gli strumenti cruciali che definiscono la relazione botte-vino.

Barrique nuove

Barrique nuove

Parlando dalle dimensioni, come già accennato in altri post, il parametro più importante è il rapporto tra superficie di contatto col vino e volume contenuto: quanto più alto è questo rapporto, tanto più significativa sarà l’influenza del legno sul vino.

Questo è il motivo per cui le famose Barriques (contenitore di 225-228 litri), lasciano maggiormente il segno nel vino, rispetto ai Tonneau o Pièce (botti di grandi dimensioni, maggiore di 500 litri).

Il tempo di maturazione e riposo, del vino in botte influenza sia l’apporto aromatico e tannico rilasciato dal legno, che l’apporto ossidativo, dovuto alla micro-ossigenazione. Per chiarire, l’ossidazione, se contenuta (come nel caso delle botti chiuse), permette un naturale decadimento dei tannini più aggressivi con connessa riduzione dell’acidità fissa, oltre ad aumentare la complessità dei profumi del vino. Nel caso dei vini bianchi, è possibile effettuare la fermentazione in botti o tini di legno, per aumentare la struttura del vino e l’ampiezza della gamma olfattiva, oppure far maturare il vino in botte per alcuni mesi. Tale maturazione è tipica dei Cru di Borgogna Bianco (chardonnay in purezza), dove note burrose e di frutta candita e vellutata morbidezza spiccano in un ampio bouquet di profumi. Tale maturazione caratterizza anche i vini bianchi californiani, con risultati meno eleganti rispetto ai più nobili “fratelli” borgognoni.

Infine va considerato il “passaggio”, ossia il numero di volte che la botte è stata utilizzata per la maturazione del vino; da studi si è evidenziato come nei primi due passaggi del vino, il legno rilascia circa il 90% delle sostanze aromatiche che può cedere, garantendo quindi solo la micro-ossigenazione sul vino. Questo è il motivo per cui, vini con un importante corredo floreale e fruttato sono fatti maturare in legno di terzo o quarto passaggio, consentendo al vino di evolversi senza modificare, con note vanigliate o burrose, il corredo dei profumi e aromi del vino. L’enologo può inoltre scegliere di far maturare solo una frazione del vino in legno, in modo che eventuali influenze del legno siano volutamente contenute, ricercando e mantenendo eleganza e freschezza nel vino.

Botte e vini famosi

Chateau Margaux

Chateau Margaux

Tornando a parlar di vino in senso stretto, a render famoso l’utilizzo del legno, come strumento enologico, sono stati sicuramente i francesi, a partire dalla zona di Bordeaux. Nel bordolese, caratterizzato da vini da uve rosse con acidità e tannini importanti, l’utilizzo della barrique come strumento di accrescimento dell’eleganza del vino ha portato a mitizzare il legame tra “taglio bordolese” e “barrique”. In Francia l’utilizzo della barrique ha comunque grande storia anche nella zona della Borgogna e del Rodano. In Italia, l’utilizzo del legno di rovere (di grandi dimensioni nello specifico) in ambito enologico fu enfatizzato nella produzione del Barolo, grazie a Camillo Benso di Cavour, che attraverso la consulenza di enologi francesi, ha dato il via alla grande storia del vino da uve Nebbiolo delle Langhe.

Spero che queste informazioni di base possano aiutare chiunque vada a far quattro chiacchiere in cantina, con un produttore di vino, visto che ormai l’utilizzo del legno è comune ad ogni produttore.

 

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