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I profumi del vino: tradurre la chimica in sensazioni odorose

Il profumo del vino rappresenta uno degli aspetti della ‘degustazione’ più complesso e affascinante allo stesso tempo. Potrebbe sembrare banale in apparenza, ma riconoscere i profumi presenti in un bicchiere non è affatto semplice: quella del riconoscimento olfattivo è una sorta di ‘arte sensoriale’ che prima di tutto va risvegliata, poi educata e in fine costantemente esercitata.

Prima, però, di parlare dei profumi del vino e delle varie tipologie in cui è possibile classificarli è bene capire che cosa sono effettivamente questi profumi e da dove vengono.

È ovvio che quando parliamo di profumi non possiamo prescindere dall’aspetto essenzialmente chimico che ne sta alla base. In natura esistono circa 250 mila molecole capaci di produrre altrettanti odori; nel mondo del vino sono state individuate circa 220 sostanze volatili che si liberano nell’aria e colpiscono il nostro olfatto, responsabili dei profumi che percepiamo.

Facciamo alcuni esempi: l’esenediolo è la sostanza che dà il profumo di geranio, la glicirizzina dà la liquirizia, il diacetile porta profumo di burro e così via. Queste sostanze e molte altre vengono indicate in chimica come alcoli, chetoni, eteri, terpeni e altro, ed è abbastanza chiaro che se si usasse la nomenclatura scientifica per descrivere i profumi del vino 9 persone su dieci (compresa chi scrive) non capirebbero assolutamente nulla.

Esigenze di comprensione da una parte e di comunicazione dall’altra rendono necessario tradurre la chimica in parole più semplici, che aiutino l’evocazione di quei profumi presenti in natura (fiori, frutta, spezie e altro) e che si ritrovano nel vino.

Così abbiamo risposto al primo quesito su che cosa sono i profumi del vino: altro non sono che sostanze chimiche volatili che si liberano dal liquido a diverse temperature. Resta da chiarire la seconda domanda: da dove provengono queste sostanze?

Tutti i profumi che si possono sentire in un vino si dividono in tre grandi gruppi in base alla loro origine: primari, secondari e terziari. Ogni vino, in base al vitigno di provenienza, all’ambiente pedoclimatico, alle tecniche di vinificazione e ai processi d’invecchiamento possiede un corredo olfattivo che contiene in proporzioni diverse sensazioni odorose riconducibili a uno o più di questi gruppi.

35309847_sI profumi primari sono detti anche varietali proprio perché dipendono dalla varietà del vitigno di partenza. Da un punto di vista chimico appartengono ai terpeni e si trovano soprattutto nella buccia dell’acino, sono profumi che contraddistinguono i cosiddetti vitigni aromatici: brachetti, malvasie, moscati e Gewürztraminer. La sensazione odorosa che si percepisce in questi vini è la stessa che si avverte masticando un acino, di conseguenza, per chi è un po’ più esperto, è abbastanza semplice identificare dal profumo il vitigno di partenza.

C’è anche da dire che i profumi primari (e anche in parte quelli secondari) solitamente sono presenti nei vini giovani, che non hanno fatto evoluzione e affinamento.

I profumi secondari, invece, derivano da sostanze che si formano durante i processi di fermentazione in cantina e in particolare in fase prefermentativa durante la pigiatura, in fase di fermentazione alcolica vera e propria e anche durante la malolattica. Sono profumi che ricordano la fragranza di alcuni fiori, della frutta e un sentore chiamato vinoso, che è quello che si percepisce nettamente in cantina mentre si sta svinando il vino.

Concludiamo con i profumi terziari, derivanti dai processi di maturazione del vino, in questo caso è soprattutto il legno a giocare un’azione preponderante sulla formazione di alcuni o altri profumi terziari. Periodo di permanenza in botte, dimensione della stessa, tipo di legno e relativa tostatura sono tutti elementi che contribuiscono a produrre nel vino sostanze che conferiscono sentori di fiori appassiti, frutta sotto spirito, spezie, odori animali e così via.

È ovvio che un vino che si vuole sottoporre a maturazione non sarà realizzato da quei vitigni aromatici di cui, al contrario, si tende a preservare appunto l’aroma tipico. Per i vini d’invecchiamento si usano generalmente vitigni detti neutri, che non portano con sé un particolare corredo olfattivo di aromi primari.

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