Il senso dell’olfatto è uno dei più sottovalutati e meno utilizzati nella vita quotidiana moderna. Se abbiamo in casa un animale domestico, ci accorgiamo subito come sia importante in natura riconoscere gli odori. Il nostro cane o gatto, anche di fronte alla solita ciotola di cibo, prima annusa e poi comincia a mangiare. Purtroppo noi abbiamo perso questo istinto, mangiamo non solo pietanze sicuramente commestibili, ma spesso di cui conosciamo già gli aromi. Solo davanti a piatti della cucina etnica o particolarmente elaborati, allora al nostro olfatto arrivano note inconsuete, che ne risvegliano la curiosità assopita.
L’olfatto, questo sconosciuto
Se poi consideriamo che nella società moderna buona parte della pubblicità è volta a creare un mondo asettico, in cui deodoranti e profumi artificiali devono nascondere gli odori presenti nel mondo circostante, anestetizzando di fatto le sensazioni olfattive primarie, ci rendiamo conto di quanto il nostro olfatto sia sottoutilizzato nella nostra vita di “animali civilizzati”. Nel corso dell’evoluzione, probabilmente abbiamo anche perso parte delle nostre capacità di sentire gli odori e oggi le nostre mucose olfattive sono in proporzione più piccole e meno sensibili, rispetto a quelle di molti altri mammiferi.
La personale biblioteca degli aromi
Eppure, a partire dai primi anni di vita, costruiamo inconsciamente un vastissimo archivio di sensazioni, che restano catalogate in modo silente nella nostra memoria olfattiva fino al momento in cui lo stesso odore non riappare ai nostri sensi. Un repertorio di profumi e aromi tanto più vasto quanto più abbiamo avuto l’opportunità di vivere a contatto con la natura, con fiori, piante, vegetali, ambienti diversi. Dalla campagna, al mare alla montagna, ognuno con una flora e sentori tipici e particolari: dalla note iodate della salsedine a quelle fumé di un camino, da quelle dell’erba appena tagliata a quelle delle rocce che si asciugano al sole dopo un temporale, da quelle degli alberi da frutto in fiore a quelle di un sottobosco. E’ proprio a questa infinita biblioteca di odori che attingiamo quando portiamo al naso un calice di vino e verifichiamo se abbiamo già sentito quei profumi e a quali ricordi olfattivi sono legati. Solo in questo modo possiamo riconoscere e dare un nome a ciò che sentiamo. Senza scendere nei dettagli chimico-fisici delle sostanze osmofore, ci limitiamo a ricordare solo che sono sostanze gassose e volatili e che devono essere solubili in acqua e anche nei lipidi, ovvero nei tessuti dei microvilli della nostra mucosa olfattiva.
L’esame olfattivo
Innanzi tutto dobbiamo porre in evidenza che la percezione degli odori può avvenire in due modi, per via diretta o per via retrolfattiva. Nel primo caso sentiamo ispirando dal naso, nel secondo caso sentiamo gli odori quando il vino è in bocca. La via retrolfattiva è la più sensibile. E’ in grado di riconoscere aromi con concentrazioni più basse e inoltre, quando il vino è in bocca, i profumi non si disperdono nell’aria, ma vanno direttamente ai recettori delle mucose, senza altre interferenze odorose e con un tempo di permanenza più lungo.
Dobbiamo anche considerare che il nostro olfatto tende pericolosamente ad assuefarsi agli odori. Sarà opportuno “sentire” velocemente gli odori e fare delle pause per “pulire” l’olfatto e tornare più volte a misurarsi con gli aromi del vino. Questo anche perché, sentiremo per primi gli aromi più intensi e solo in un secondo momento quelli più delicati e sottili. Tanto più un vino è complesso, tanto più dovremo avvicinarci più volte per percepirne tutte le sfumature ed entrare in profondità nel suo bouquet.
Eviteremo in questa sede di ripercorrere pedissequamente tutte le classificazioni proposte nelle schede di valutazione dei vini utilizzate dalle principali Associazioni di Sommelier, per concentrarci invece sulle caratteristiche generali dell’esame olfattivo di un vino.
Percepiremo subito il grado d’intensità dei profumi, così come la presenza di particolari difetti o note sgradevoli. Saremo in grado anche di definire quasi immediatamente il grado di finezza del vino, se ha un profilo raffinato ed elegante o se al contrario risulta piuttosto ordinario e grossolano. A questo punto dovremo definire il grado di complessità del vino e lo faremo in base al numero di diversi profumi che sentiamo. Fin qui ci siamo limitati a valutare le caratteristiche generali del vino, per esempio possiamo aver compreso che siamo di fronte a un vino intenso, fine e complesso. Ora dobbiamo fare il passo definitivo e tuffarci nel mondo degli aromi. Per non perderci a ricorrere ogni singola sensazione olfattiva, che affiora al nostro olfatto, in modo dispersivo e caotico, è una buona regola cercare di individuare prima di tutto le grandi famiglie degli aromi presenti, per poi scendere nel dettaglio solo in secondo momento. Chiediamoci innanzi tutto se abbiamo nel calice un vino, aromatico floreale, fruttato, vegetale, balsamico, speziato, etereo, con note boisè, fumé o sentori pietrosi e minerali. Ora solo dopo aver compreso quali e quante famiglie esprime il bouquet del vino, scenderemo alla ricerca dei fiori bianchi o gialli, del sambuco o della violetta; della frutta bianca acerba o della frutta gialla matura, della frutta tropicale, della pera, della pesca o del mango; delle note di erba appena tagliata, di foglia di pomodoro, di peperone; di menta, eucalipto, erbe officinali e aromatiche; di pepe, cannella, chiodi di garofano; di legno, aromi affumicati, pietra focaia, smalto, idrocarburo, o aromi tostati, cuoio, tabacco, ecc… Il viaggio comincia.