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Spumantizzare con il metodo Charmat-Martinotti

Nel brillante mondo della spumantistica sono due le pratiche che consentono al vino di fermentare una seconda volta per diventare “spumante”, acquisendo briose bollicine di anidride carbonica: il Metodo Classico o Metodo Champenoise e i Metodo Charmat-Martinotti.

In un precedente articolo abbiamo parlato del metodo classico e degli champagne o spumanti che vengono prodotti grazie a questa particolare tecnica di rifermentazione in bottiglia.

Oggi, per dovere di completezza e per par condicio, dedichiamo questo articolo all’approfondimento del Metodo Martinotti o Charmat (da qui in poi chiamato esclusivamente Martinotti, perché siamo italiani e, almeno in questo caso, ci teniamo a rivendicare l’origine nostrana di tale tecnica rifermentativa).

Facciamo subito chiarezza sul nome allora. La paternità del metodo appartiene all’italiano Federico Martinotti, che dal 1901 fu direttore della Regia Stazione Enologica di Asti (oggi Centro di Ricerca per l’Enologia). Martinotti ha il grande merito di aver inventato ex novo un sistema di rifermentazione che abbreviava di netto i tempi del metodo classico e permette di immettere uno spumante sul mercato nel giro di pochi mesi dalla vendemmia.

La specificità di questa tecnica sta nella rifermentazione del vino base in grandi cisterne a tenuta o, più comunemente, autoclave (non più quindi in bottiglia come accade per lo champenoise).

E Charmat cosa c’entra? Beh, se Martinotti ebbe l’idea, Eugène Charmat fu colui che la mise effettivamente in pratica, realizzando la strumentazione necessaria e brevettandola. Da qui il nome Charmat-Martinotti. Il braccio e la mente, in un certo senso.

Cerchiamo dunque di capire quali sono le specificità di questo metodo, per quali tipologie di spumanti è impiegato e perché.

Come abbiamo già accennato, il Martinotti consente di realizzare un vino spumante in tempi brevi, brevissimi, se paragonati a quelli necessari allo champagne, o in generale, agli spumanti metodo classico. Proprio grazie a questa riduzione dei tempi, il Martinotti conserva i caratteri aromatici e fruttati delle uve impiegate.

In questo modo è possibile impiegare vitigni aromatici che mantengono intatti i profumi tipici, gli aromi freschi di fiori e frutta e non vengono “turbati” dall’azione dei lieviti durante la fase di rifermentazione. Gli spumanti aromatici di qualità come Asti e Malvasie sono realizzati proprio con questo metodo.

Ne consegue che il Martinotti sia usato soprattutto per produrre spumanti dolci, ma ciò non toglie che questa tecnica di spumantizzazione possa essere applicata per realizzare spumanti secchi da uve a bacca bianca o nera impiegate tradizionalmente per i metodo classico.

Si parte con l’assemblaggio dei vini base, che, dopo aver subito alcune pratiche di stabilizzazione, andranno incontro a una filtrazione finale prima della presa di spuma. In autoclavi in acciaio, realizzate con una doppia parete per controllare la temperatura, alla cuvée vengono aggiunti zuccheri, sali minerali e lieviti per innescare il secondo processo fermentativo.

Tra l’inizio della rifermentazione e la commercializzazione del vino devono passare minimo trenta giorni, mentre per i vini spumanti di qualità i tempi si allungano a 6 mesi con un minimo di ottanta giorni sulle fecce.

Uno spumante Martinotti, oltre che per le spiccate note floreali e spesso aromatiche, è facilmente riconoscibile anche alla vista, in quanto il perlage che si sviluppa dalla rifermentazione in autoclave è generalmente meno fine di quello degli spumanti metodo classico.

Per ovviare alla “grossolanità” della bollicina, i produttori ricorrono al cosiddetto Charmat lungo, che consiste in un aumento del periodo di permanenza sui lieviti, così da ingentilire la grana delle bollicine.

Infine, dopo la presa di spuma, si eseguono le necessarie operazioni di travaso e filtrazione in condizioni isobariche per evitare perdita di anidride carbonica. Anche l’imbottigliamento e la tappatura avvengono in sovrapressione.

Va ricordato che il metodo Martinotti è usato non solo per gli spumanti ma anche per i vini frizzanti bianchi, rossi e rosati: colori brillanti e vivaci, profumi fragranti di fiori freschi e spuma leggera e delicata.

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