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I vini dell’Opera

La suggestione dell’Opera “Attilia” ci ha fatto ripercorrere l’evoluzione del vino nel mondo dell’antica Roma sino alle soglie delle invasioni barbariche, attraverso l’antico Falerno della regione Campania.

Il Falerno, nella versione bianco, veniva prodotto con uve falanghina, che ancora oggi costituisce uno dei principali vitigni della regione Campania, unitamente al fiano e al greco, tutti già presenti e apprezzatissimi sul territorio in epoca romana.

Ecco perché abbiamo scelto i seguenti “Vini dell’Opera”: Falanghina del Sannio DOC Serrocielo, Fiano di Avellino DOCG Pietracalda, Greco di Tufo DOCG Cutizzi,

Il Foyer Respighi del Teatro Comunale di Bologna

Il Foyer Respighi del Teatro Comunale di Bologna

della cantina Feudi di San Gregorio: fondata nel 1986 a Sorbo Serpico, in provincia di Avellino, si è impegnata da subito nel recupero e valorizzazione dei vitigni tipici dell’Italia del Sud, unendo standard qualitativi elevati ad una forte capacità di innovazione, per rispondere alle esigenze di un mercato internazionale.

I nomi dei vini, Serrocielo, Pietracalda e Cutizzi, derivano dai nomi delle vigne dove le uve vengono coltivate.

Le etichette delle bottiglie, eleganti, innovative e di forte impatto emotivo, sono state realizzate da Massimo Vignelli, che è stato uno dei designer più importanti a livello mondiale nella storia della grafica e del design, dal dopoguerra ad oggi. Celebre è la sua Mappa della metropolitana di New York City del 1972, esposta al Moma di New York, un’opera iconica destinato ad influenzare profondamente il design. Sono da segnalare anche i lavori di brand identity, logo e design per American Airlines, IBM, Ford, Lancia, Ducati, Benetton, Knoll, Poltrona Frau,  che hanno contribuito a rendere la grafica una disciplina e un fenomeno culturale e sociale. Le etichette di Feudi di San Gregorio, nate come mosaici quadrati per contenere il nome della cantina, nella linea “Selezioni” si sono arricchite di un disco colorato, associato al nome del vino,  ripreso nella capsula dello stesso colore.

Serrocielo, Pietracalda e Cutizzi sono stati offerti nella degustazione che si è svolta il 14 gennaio scorso, al termine della conferenza di presentazione di Attila, in Rotonda Gluck adiacente al Foyer Respighi del Teatro Comunale di Bologna.

Falanghina del Sannio DOC Serrocielo

Serrocielo

Serrocielo

Il territorio del Sannio è un’area geografica che copre l’attuale Campania, l’alta Puglia, gran parte del Molise e il basso Abruzzo, patria del popolo italico dei Sanniti (600-290 a.C.). All’interno di esso, la zona corrispondente all’attuale provincia di Benevento costituisce un territorio particolarmente favorevole per la coltivazione della vite, in quanto di origine vulcanica e quindi ricco di minerali.

Il nome Falanghina deriva da Falanga (dal latino phalanx, legato ad un palo), cioè il palo anticamente utilizzato sin dall’epoca dei Romani per sostenere la vite, in queste zone molto vigorosa, tanto da non consentire la coltivazione ad alberello, come in altre parti dell’Italia meridionale.

Il vitigno falanghina deriva da ceppi greco balcanici e fu probabilmente introdotta in Italia da popolazioni greche; i Romani ne diffusero la coltivazione in queste zone. Il primo documento scritto che nomina espressamente questo vitigno risale al 1804 da parte di padre Columella Onorati che cita tali uve “come buone da mangiare”.

La fermentazione di questo vino avviene in serbatoi d’acciaio a 16/18°C; successivamente si ha una maturazione in acciaio, per circa 5-6 mesi, con permanenza sui propri lieviti e frequenti batonnage, per rimettere in sospensione le fecce fini. Il colore è giallo paglierino, con riflessi verdi. All’esame olfattivo si colgono note di piccoli fiori bianchi e frutta. All’assaggio si presenta fresco, morbido e minerale. E’ ideale in abbinamento a piatti di pesce, come sauté di vongole e spaghetti ai crostacei.

Fiano di Avellino DOCG Pietracalda

Pietracalda

Pietracalda

La produzione è consentita nella provincia di Avellino: il terreno è caratterizzato dalla presenza di argilla (anche il 50% della terra fina) spesso frammista a sabbia, con scarsa presenza di componenti calcaree. La ricchezza d’argilla costituisce un fattore positivo per la viticoltura poiché contrasta i periodi di siccità estiva e consente una maturazione regolare dell’uva. Il clima della zona è inoltre  influenzato dalla sua conformazione collinare e dalla presenza di numerosi boschi, che attenuano i picchi di temperatura durante l’estate. Nel periodo estivo si verificano infine escursioni termiche giornaliere molto accentuate, che favoriscono lo sviluppo delle componenti aromatiche.

Il Fiano era chiamato dai romani Vitis Apiana. La sua etimologia deriva da Apianus e alle uve Apiane, citate da Columella e Plinio, il cui nome si faceva anticamente risalire alle api, che sarebbero state ghiotte di quest’uva zuccherina. Un’altra ipotesi fa derivare il nome da una varietà di mela (Appiana, da Appio) o da un antico toponimo del Peloponneso.

L’origine del vitigno è riconducibile a varietà elleniche, importate in Italia. E’ citato nel registro di Federico II di Svevia, nel XIII secolo, dove si trova annotato un ordine di “tre salme di fiano”.

Il vino, dopo fermentazione in acciaio, si presenta di colore giallo paglierino deciso. Il profumo varia dai fiori freschi di camomilla, alla frutta fresca, al cedro candito. Al gusto, spicca la morbidezza, tipica nota varietale, bilanciata da grande freschezza e mineralità. Sono consigliati gli abbinamenti con grigliate di mare e crostacei.

Greco di Tufo DOCG Cutizzi

Cutizzi

Cutizzi

Il vitigno è coltivato in una zona comprendente otto Comuni della Provincia di Avellino (tra cui Tufo, da cui il nome della denominazione, e Santa Paolina, dove si trovano i vigneti del Cutizzi), in terreni di natura argillosa.

Il Greco di Tufo è considerato il più nobile dei vitigni bianchi meridionali. Plinio il Vecchio affermava che “il vino Greco era così pregiato, che nei banchetti veniva versato una sola volta.” Di origine greca, la sua uva veniva anticamente chiamata “Aminea gemella”: “Aminea” perché, Secondo Aristotele, il vitigno delle Aminee proveniva dalla Tessaglia, terra d’origine degli Aminei che s’insediarono in Campania impiantandovi il Greco; “gemella”, perché questo vitigno sviluppa numerosi grappoli doppi.

Il greco è uno dei pochi vini bianchi italiani adatti all’invecchiamento: raggiunge la sua massima espressione dopo il secondo anno e in alcuni casi riesce ad esprimere un buon livello qualitativo anche dopo 4 o 5 anni.

La fermentazione avviene in serbatoi di acciaio. Il colore è giallo con riflessi dorati. Il profumo, intenso e persistente, presenta note di frutta, dalla prugna verde alla pera ”Mast’Antuono” (tipica campana) fino a cogliere sensazioni balsamiche di mentuccia. Al palato si percepisce una spiccata acidità e mineralità. E’ ideale con il crudo di mare, frutti di mare e crostacei.

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