Il territorio dell’Italia è molto vasto e vario, infatti, si passa dalle zone montane delle Alpi e degli Appennini, alle zone pianeggianti particolarmente estese nella Pianura Padana, alle cose marine frastagliate e sabbiose, alle colline diffuse particolarmente nell’Italia Centrale.
Anche il clima è diverso: al Nord c’è il clima continentale, mentre al Sud e sulle isole il clima è mediterraneo. Ci sono zone che soffrono, in alcuni periodi dell’anno, di disponibilità di acqua, mente in altre zone l’acqua è presente in abbondanza.
Che cosa accomuna tutte queste zone?
Il formaggio, o meglio i formaggi, che in Italia, come in Francia, sono centinaia. L’Unione Europea ha istituito le categorie dei prodotti DOP, IGP e STG che consentono di caratterizzare molti dei nostri migliori prodotti alimentari e, in tal modo, questi prodotti possono essere difesi anche sui mercati internazionali, dove la globalizzazione lascia poco spazio all’ “eccellenza”.
Questa piccola e sintetica guida vi aiuterà a conoscere un po’ di più i formaggi italiani e a quale vino saperli abbinare.
Cosa si intende per formaggio?
La definizione si può reperire all’art. 32 del R.D.L. 2033/1925: «Il nome di «formaggio» o «cacio» è riservato al prodotto che si ricava dal latte intero ovvero parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e di sale di cucina.»
Le classificazioni dei formaggi
Comunemente si intende per formaggio il derivato del latte che si ottiene facendone precipitare la caseina: la ricotta che viene ottenuta dal siero non è un formaggio, ma è un latticino.
I formaggi possono essere classificati in base ad una serie di parametri che si combinano variamente tra di loro.
Le classificazioni dei formaggi sono basate su:
- tipo di latte impiegato
- contenuto di grasso
- consistenza, in rapporto al contenuto di acqua
- tecnologia usata per la produzione e la temperatura di lavorazione della cagliata
- periodo di stagionatura
- denominazione
In base al latte Impiegato
I formaggi si distinguono in:
- vaccini
- pecorini
- bufalini
- caprini
In base al contenuto di Grassi
Espresso sulla sostanza secca, è possibile individuare (art. 53 L. 19 febbraio 1992, n. 142 in G.U. n. 42 del 20 febbraio 1992 Suppl. Ordinario n. 36):
- formaggi grassi, il cui contenuto di grasso è superiore al 35% della sostanza secca (robiola, gorgonzola, taleggio, bitto, fontina, montasio, bra, raschera, grana padano, parmigiano reggiano, pecorino, ecc.)
- formaggi leggeri quando il contenuto di grasso varia tra il 20% ed il 35% della sostanza secca
- formaggi magri preparati con il latte scremato, con contenuto di grasso inferiore al 20% della sostanza secca.
Molti formaggi DOP ottenuti da latte parzialmente scremato (grana padano, parmigiano reggiano, asiago, castelmagno, raschera) il Disciplinare Produttivo prevede solo il contenuto minimo di grasso sulla sostanza secca, quindi molti di essi, originariamente definiti “semigrassi”, oggi appartengono alla categoria dei formaggi grassi. Questa è la conseguenza dell’abbassamento del limite di grasso discriminante (dal 42% al 35%) e la tendenza, non contrastata da limiti di legge, a lasciare più grasso per aumentare la resa e quindi il vantaggio economico.
In base alla Consistenza
Legata alla percentuale d’acqua contenuta, si possono distinguere:
- formaggi a pasta molle quando il contenuto di acqua è superiore al 45% (ad esempio robiola, quartirolo, stracchino, crescenza, mozzarella, burrata, gorgonzola, caprini, casatella, squacquerone). Possono essere con crosta, come ad esempio il taleggio, o senza crosta, come ad esempio il pannerone.
- formaggi a pasta semidura quando il contenuto d’acqua è compreso tra il 35% ed il 45% come ad esempio il ragusano, asiago, bitto, fontina, bra, castelmagno, italico.
- formaggi a pasta dura quando il quantitativo di acqua è inferiore al 35%, come ad esempio il grana padano, parmigiano reggiano, pecorino romano, pecorino sardo, montasio, fiore sardo.
Il contenuto di acqua dei formaggi generici non viene definito dalla legge e solo alcuni formaggi DOP, il Disciplinare Produttivo prevede un contenuto minimo di umidità. La consistenza del formaggio viene influenzata anche da altri parametri quali il contenuto di grasso e l’avanzamento della stagionatura.
In base alla Tecnologia utilizzata e alla temperatura di lavorazione della cagliata
Si possono classificare come:
- formaggi a pasta dura quando, durante la lavorazione, la cagliata non subisce alcun riscaldamento oltre la temperatura di coagulazione (ad esempio robiola, mozzarella, crescenza, gorgonzola).
- formaggi a pasta semicotta quando il riscaldamento della cagliata non supera i 48 °C (ad esempio asiago, fontina, italico).
- formaggi a pasta cotta se ottenuti riscaldando la cagliata oltre i 48 °C (esempio grana padano, parmigiano reggiano, montasio, bitto).
- formaggi a pasta filata caratterizzati da una filatura della cagliata in acqua calda a 70-90 °C (ad esempio mozzarella, fiordilatte, caciocavallo, provolone, ragusano).
- formaggi erborinati quanto nel latte vengono volutamente inoculate muffe che si svilupperanno all’interno della pasta del formaggio contribuendo alla maturazione di questo con specifiche attività enzimatiche (ad esempio gorgonzola, castelmagno).
In base al periodo di stagionatura
Si possono riconoscere:
- formaggi freschi ottenuti per coagulazione acida o presamica e non sottoposti a stagionatura e che non presentano né crosta, né microflora superficiale e vanno consumati entro pochi giorni dalla produzione (ad esempio mozzarella, fiordilatte, crescenza, casatella).
- formaggi stagionati a maturazione breve la cui stagionatura non supera i 30 giorni (ad esempio taleggio, murazzano, bra, quartirolo lombardo, asiago, monte veronese, casciotta d’Urbino).
- formaggi stagionati a maturazione media la cui stagionatura non supera i 6 mesi (ad esempio fontina, castemagno, raschera, toma piemontese, valtellina casera, provolone valpadana, caciocavallo silano, canestrato pugliese, pecorino siciliano, pecorino sardo, bitto.
- formaggi stagionati a maturazione lenta, dai 6 mesi di stagionatura in poi (ad esempio grana padano, parmigiano reggiano, fiore sardo.
In base alla Denominazione
I formaggi si distinguono:
Denominazione di Origine Protetta (DOP)
Sono «formaggi prodotti in zone geograficamente delimitate, osservando usi locali leali e costanti e le cui caratteristiche merceologiche derivano prevalentemente dalle condizioni proprie dell’ambiente di produzione» ( 2, Capo I, L. 10 aprile 1954 n. 125 in G.U. n. 99 del 30 aprile 1954). Per questi prodotti deve essere dimostrato che la particolare qualità e le caratteristiche che possiedono sono dovute “sostanzialmente o esclusivamente” alla circoscritta e “ben delimitata” zona di produzione: è, quindi, indispensabile utilizzare materie prime proveniente da quella specifica area geografica. Il consumatore può facilmente riconoscere questi prodotti dal marchio che viene applicato. Questa denominazione è oggi sancita e tutelata a livello UE dal Reg. (CE) n. 510/2006.
Per fare un esempio il parmigiano reggiano DOP è un ottimo esempio di prodotto riconosciuto come DOP in quanto la sua zona di produzione è l’elemento indispensabile per ottenere il caratteristico sapore. Questo formaggio nostrano, per assicurarsi il riconoscimento europeo, deve essere prodotto con il latte di vacca crudo proveniente dalle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Mantova. Deve essere stagionato per almeno 10 mesi, prolungato a 30 se assume la denominazione classica. Alla fine della stagionatura, il parmigiano reggiano deve essere sottoposto ad una certificazione di qualità che ne attesti le caratteristiche organolettiche e soprattutto nutrizionali, come ad esempio essere un’importante fonte di calcio.
Oltre al parmigiano reggiano DOP si ricordano: asiago DOP, bitto DOP, bra DOP, caciocavallo silano DOP, canestrato pugliese DOP, casciotta d’Urbino DOP, castemagno DOP, fiore sardo DOP, fontina DOP, formai de mut dell’Alta Val Brembana DOP, gorgonzola DOP, grana padano DOP, montasio DOP, monte veronese DOP, mozzarella di bufala campana DOP, murazzano DOP, pecorino romano DOP, pecorino sardo DOP, pecorino siciliano DOP, pecorino toscano DOP, provolone Valpadana DOP, quartirolo lombardo DOP, ragusano DOP, raschera DOP, robiola di Roccaverano DOP, spressa delle Giudicarie DOP, taleggio DOP, roma piemontese DOP, Valle d’Aosta fromadzo DOP, Valtellina casera DOP.
Indicazione Geografica Protetta (IGP)
Sono «formaggi prodotti sul territorio nazionale, osservando usi leali e costanti, le cui caratteristiche merceologiche derivano da particolari caratteristiche delle materie prime o della tecnica di produzione» ( 2, Capo I, L. 10 aprile 1954 n. 125 in G.U. n. 99 del 30 aprile 1954). Anche questa denominazione è sancita e tutelata a livello UE con il Reg. (CE) n. 510/2006. L’Italia fino ad ora non ha richiesto la registrazione di formaggi con questo marchio.
Specialità Tradizionale Garantita (STG)
Sono «formaggi la cui specificità consiste nel rispetto di un dettagliato metodo di produzione tradizionale, mentre manca un legame con una zona geografica: posso, pertanto, essere prodotti su tutto il territorio nazionale» e sono tutelati dal (CE) n. 509/2006. In Italia il solo esempio è la mozzarella STG: per fregiarsi del marchio STG la mozzarella di latte di vacca deve essere ottenuta con lattoinnesto naturale (cioè nel latte la flora batterica si deve sviluppare in modo naturale ma controllato) a cui viene poi aggiunto il caglio liquido. Le fasi successive della lavorazione (coagulazione, raglio, rottura e dissieramento della cagliata, filatura, formatura a caldo della pasta e rassodamento in acqua fredda) devono avvenire a determinate temperature e mantenendo un grado di acidità ben preciso. La mozzarella deve essere ottenuta a partire dal latte intero che arriva crudo allo stabilimento, ma l’elemento più importante e qualificante è proprio il lattoinnesto naturale, che essere preparato con latte proveniente dalla zona di raccolta dello stabilimento caseario e lì deve essere lavorato.
Formaggi tradizionali
Sono oltre 450 formaggi cosiddetti “regionali”, come ad esempio piave, squacquerone, formaggio di Fossa, puzzone di Moena, burrata delle Murge, cacio marcetto, bagòss, piacentinu di Enna, casieddu di Moliterno, casolet Val Camonica, dobbiaco, paglierina rifreddo, tosèla del Primiero, formaio embriago, morlacco del Grappa.
Approfondimenti:
- Regio Decreto Legge 15 ottobre 1925, n. 2033
- Legge 10 aprile 1954, n. 125
- Legge 19 febbraio 1992, n. 142
- Regolamento (CE) n. 510/2006
- Regolamento (CE) n. 509/2006
Come abbinarli?
Leggi il nostro approfondimento: Come abbinare vino e formaggio?
Amo la buona cucina e le tradizioni enogastronomiche italiane, per me vino e dessert non sono solo un contorno ma la parte più interessante del buon vivere.