Il Franciacorta ha un’origine molto antica: gli storici concordano nel far risalire la prima apparizione del toponimo “Franzacurta” al 1277 contenuto nello statuto municipale di Brescia, come riferimento all’area a sud del Lago d’Iseo, tra i fiumi Oglio e Mella. La “Franzacurta” o “Franzia Curta” era all’epoca una zona importante per il rifornimento di vino per la città di Brescia. Questo termine deriva dal latino francæ curtæ con cui si identificavano territori esentati dal pagamento dei dazi, in cambio di bonifiche e lavori agricoli effettuati dai monaci benedettini.
La delimitazione geografica attuale della Franciacorta risale ad un atto del Doge veneziano Francesco Foscari del 1429, mentre la mappa più antica del 1469 realizzata da un autore anonimo.
Altro tassello è costituito da una pubblicazione del 1570 del medico bresciano Girolamo Conforti intitolata Libellus de vino mordaci, dove per mordaci si intendono proprio le bollicine che stuzzicano il palato. L’origine della spuma stava nella fermentazione che, allora come oggi, andava controllata affinché la scoria gassosa e pungente non si disperdesse.
Il 21 luglio 1967 arrivò il riconoscimento della denominazione Franciacorta, voluta da un piccolo gruppo di viticoltori, incoraggiati dalle nuove leggi italiane in materia di denominazione di origine.
Territorio e Uvaggi
Oggi, il territorio della Franciacorta si estende su 19 comuni in provincia di Brescia: Andro, Capriolo, Cazzago San Martino, Cellatica, Coccaglio, Cologne, Corte Franca, Erbusco, Gussago, Iseo, Monticelli Brusati, Ome, Paderno Franciacorta, Paratico, Passirano, Provaglio d’Iseo, Rodengo Saiano, Rovato e una piccolissima porzione di Brescia.
Il Franciacorta deve le sue caratteristiche organolettiche al suolo di origini moreniche, molto ricco di minerali che sono fondamentali catalizzatori delle reazioni di biosintesi dei precursori degli aromi. Oltre al suolo altro fattore è costituito dai venti che spirano dai laghi che non permettono la formazione di nebbie invernali, né di eccessi di umidità durante la primavera e l’estate, bloccando così i cicli vitali delle crittogame.
In Franciacorta la vendemmia è molto precoce, secondo le annate inizia tra la prima e la seconda decade di agosto e prosegue per circa tre settimane, passando dallo chardonnay al pinot nero e quindi al pinot bianco.
Lo chardonnay occupa circa l’80% della superficie totale e dà vini-base dotati di ottima consistenza, aromi intensi di frutti e di fiori, buona struttura e piacevole freschezza.
Il pinot nero viene impiegato soprattutto nei Millesimati e nelle Riserve, ai quali offre struttura e longevità ed è, inoltre, un componente indispensabile per le curvée del Franciacorta Rosé, nelle quali deve rappresentare almeno il 25%.
Il pinot bianco usato, non in purezza, nelle curvée in percentuale massima del 50%, alle quali offre una struttura elegante, buona acidità fissa ed intensi sentori di mandorla.
In questa realtà formata da 5000 ettari spicca la produzione del Franciacorta DOCG, con bollicine di grande classe ottenute da vini-base elaborati prevalentemente da chardonnay, pino bianco e quantità inferiori di pinot nero, che riposano a lungo sui lieviti, fino a superare i 60 mesi per il Riserva. Il risultato sono aromi di crosta di pane appena sfornato, lievito, frutta secca, fiori bianchi, frutta a polpa bianca e gialla, agrumi e, a volte, burro e vaniglia.
Il Satèn che viene prodotto quasi esclusivamente con uve a bacca bianca, il cui nome venne ideato e registrato dal Consorzio per la tutela del Franciacorta, possiede una morbidezza setosa ed una delicata cremosità, legate ad una minore concentrazione di anidride carbonica, accompagnate da deliziose note di frutta fresca, fiori bianchi e lievito.
Amo la buona cucina e le tradizioni enogastronomiche italiane, per me vino e dessert non sono solo un contorno ma la parte più interessante del buon vivere.