Quando si passa dal semplice piacere di bere un bicchiere in compagnia, all’analisi più approfondita del vino, si rischia spesso di cadere vittime di un esasperato tecnicismo. Certo, delle regole d’approccio alla materia e una terminologia condivisa sono necessarie, ma questi aspetti un po’ asettico-descrittivi non devono diventare il fine ultimo o la principale preoccupazione di una degustazione.
Degustare
Il vino è materia viva, storia, tradizione, memoria, territorio, lavoro dell’uomo, tutte componenti importanti, che contribuiscono a creare il fascino di questa millenaria bevanda. Ricordiamocelo sempre e non riduciamo mai il vino a una serie di aride e fredde parole standard o peggio ancora ad algidi punteggi numerici. Cerchiamo invece di ricordarci che degustare vuol dire aprire i nostri sensi e le nostre emozioni alle suggestioni che scaturiscono naturalmente da un bicchiere di vino. Dobbiamo porci in condizione d’ascolto e lasciare che il vino parli ai nostri sensi, si apra, comunichi le sue caratteristiche, la sua essenza e la sua personalità. Prepariamoci quindi a un rapporto sensoriale con il vino, che riporti in luce la nostra parte più istintiva e animale, quella dei sensi, della vista, dell’olfatto, del tatto, del gusto. Solo in un secondo momento ci preoccuperemo di tradurre in forma più tecnica le sensazioni che il vino trasmette. Avviciniamoci al momento della degustazione come a un piacere sensoriale, che possa interagire con l’intero universo della nostra parte istintiva, con i profumi e gli aromi sedimentati inconsciamente dentro la nostra memoria dei sensi. Il primo approccio con il mondo che ci circonda è quello visivo. I nostri occhi ci aiutano a vedere e comprendere il mondo circostante e a cercare di interpretare e dare un senso a ciò che il nostro sguardo ha visto. La stessa cosa accade con il vino. Appena versato in un bicchiere, il senso della vista ci aiuterà a descrivere il vino e attraverso queste prime impressioni a cercare di capirlo e interpretarlo. La prima cosa che salta all’occhio è il colore: un vino rosso, bianco o rosato. Fin qui tutto semplice. Una volta definita la categoria d’appartenenza del vino, possiamo cominciare a scendere nei dettagli.
La limpidezza
Ci preoccuperemo per prima cosa di valutare la limpidezza del vino. Osserveremo se ci sono delle particelle in sospensione, se tende ad apparire torbido. Istintivamente guardiamo sempre con sospetto le bevande torbide, potrebbero contenere impurità e per esperienza consideriamo l’acqua torbida come sporca. La limpidezza, più o meno accentuata, ci può dire già alcune cose sul vino. I sedimenti in sospensione potrebbero essere indizio di un cattivo invecchiamento e decadimento del vino, oppure semplicemente di particolari scelte di vinificazione. L’aspetto opaco e velato del vino può semplicemente essere la conseguenza di una lunga macerazione sulle bucce, della decisione di non filtrare o di utilizzare un affinamento “sur lie”. In tutti questi casi ci troviamo i fronte a vini non solo assolutamente sani, ma spesso prodotti con metodi naturali e meno industriali. In relazione alla Limpidezza possiamo definire il vino: brillante, cristallino, limpido, velato torbido
La trasparenza
Altro aspetto importante, soprattutto per i vini rossi è la trasparenza. Se proviamo a inclinare il bicchiere su una superficie bianca, riusciamo a vedere attraverso il vino? Molto, poco o per nulla? Si tratta di una considerazione che riguarda in particolare i vini rossi e che dipende molto dalla tipologia del vitigno. Se consideriamo la trasparenza, possiamo definire il vino: molto trasparente, trasparente o poco trasparente.
Il colore
L’esame della trasparenza ci aiuta anche a prestare attenzione all’intensità del colore del vino, secondo una scala di tonalità, che va dalle più tenui alle più intense, diverse per i bianchi i rossi e i rosati.
Bianchi: bianco carta, giallo verdolino, giallo paglierino, giallo dorato, giallo ambrato.
Rosati: rosa ramato, rosa tenue, rosa cerasuolo, rosa chiaretto, buccia di cipolla
Rossi: rosso porpora, rosso rubino, rosso granato, rosso aranciato.
I colori parlano e ci possono dire molte del vino. Ogni vitigno ha le sue caratteristiche, ma un bianco verdolino potrebbe dirci di un vino giovane e con buona acidità. Un bianco dorato o addirittura con riflessi ambrati, ci può far pensare a un affinamento in barrique, a una vendemmia tardiva, a un passito o a un vino nato da un invecchiamento di tipo ossidativo. Il colore dei rosé può fornirci importanti indicazioni riguardo alla durata del periodo di macerazione sulle bucce, che per solito sarà tanto più lungo quanto è più intenso il colore del vino. I vini rossi, infine, tendono a mutare colore con il tempo, per via del lento processo d’ossidazione e decadimento degli antociani. I colori più brillanti virano lentamente verso il color granato o addirittura aranciato. In generale, colori molto vivaci e brillanti sono anche associati alla presenza di una grande componente acida.
La fluidità
La vista può dare altre informazioni sulle caratteristiche del vino, legate soprattutto al suo corpo e alla sua struttura in base alla fluidità o densità, cioè a quanto il vino gira facilmente e velocemente facendo roteale il bicchiere. In base alla fluidità possiamo definire un vino: scorrevole, poco denso, denso, moto denso, viscoso.
Se alla fine di questa prova, osserviamo gli archetti che si formano sulla superficie interna del bicchiere, possiamo anche intuire la densità e il grado alcolico del vino. Più gli archetti sono stretti e più il vino è viscoso e con grado alcolico elevato.
L’effervescenza e il perlage
Infine, i vini possono essere visivamente classificati in base alla presenza o meno di anidride carbonica. L’effervescenza ci dirà subito se abbiamo nel bicchiere dei vini: fermi, tranquilli, vivaci, frizzanti, spumanti. Negli Spumanti, valuteremo anche la presenza e la qualità di anidride carbonica, ovvero la presenza del perlage, la sua finezza e persistenza. In generale gli spumanti Metodo Classico avranno un perlage più fine e persistente degli Spumanti Metodo Charmat. Il perlage può essere: molto fine, mediamente fine, grossolano. In relazione alla persistenza, il perlage può essere: molto persistente, mediamente persistente o evanescente. La finezza è la delicatezza del perlage sono spesso direttamente proporzionali al periodo di affinamento sui lieviti e saranno di particolare pregio nei Millesimati e nelle Riserve.