La quantità di vino che si beve potrebbe dipendere da un gene, che rende il cervello sensibile a un particolare ormone legato al consumo di alcol. È questo il risultato dell’ultima ricerca pubblicata sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas) e condotta da un gruppo internazionale guidato dal King’s College di Londra, di cui hanno fatto parte anche esperti italiani.
Cosa rivela lo studio
Come racconta il Corriere della Sera, infatti, in questo team di ricerca hanno collaborato anche l’Irccs Burlo Garofolo e l’Università di Trieste insieme all’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. La novità della scoperta, che secondo gli studiosi potrebbe aprire la strada a nuovi farmaci per il trattamento dell’alcolismo, sta nell’individuazione di un “responsabile” nella determinazione del normale livello di alcol da consumare.
Consumo di alcol e genetica
La differenza tra chi a tavola si accontenta di qualche sorso di vino e chi invece è solito riempire il bicchiere fino all’orlo starebbe nell’azione di un particolare gene «controllore», che rende il cervello sensibile a un ormone secreto dal fegato durante la digestione in momenti di stress, come ad esempio dopo l’ingestione di troppi carboidrati o di alcolici.
Lo studio internazionale
L’identificazione del gene legato al consumo di alcol è stata resa possibile grazie ad un ampio studio su oltre 100mila individui di origine europea; per l’Italia, i dati sono stati riscontrati su un campione di circa 2mila abitanti della Val Borbera, nell’Appennino tra Liguria e Piemonte. Daniela Toniolo, capo unità di Genetica delle malattie comuni del San Raffaele, ha motivato la scelta, spiegando che “studiare queste popolazioni di montagna, che sono state relativamente isolate fino a tempi recenti, è di grande aiuto per capire il legame tra Dna e alcuni specifici tratti”.
Il ruolo del genoma
I ricercatori hanno dunque analizzato il genoma di queste persone, mettendolo in relazione con il loro consumo di alcol. Proprio in questo modo è stato possibile far emergere il legame con una specifica variante di un gene, chiamato Klotho, che serve a produrre un recettore per due ormoni: FGF19 (che viene prodotto dall’intestino per azione della bile) e FGF21 (che invece è messo in circolo dal fegato in condizioni di stress). È ancora Daniela Toniolo a chiarire che “quest’ultimo era già noto perché nell’uomo è associato alla preferenza per particolari macronutrienti, mentre nel topo sopprime la voglia di alcol e dolci”. In definitiva, la ricercatrice spiega che “esiste un asse fegato-cervello, che abbiamo dimostrato sui topi: eliminando il gene per il recettore Klotho nel cervello, il consumo di alcol aumenta. Con ciò abbiamo individuato una via metabolica molto precisa su cui potremo agire per ridurre il consumo di alcol”.