C’è chi ama il rosso, chi il rosato e chi ancora il vino bianco. All’apparenza sembrerebbe soltanto una questione di gusti, ma in realtà non è proprio così. Secondo una ricerca internazionale è stato appurato che i geni del gusto di ogni singolo individuo possono essere condizionati da alcuni fattori, quali la cultura e lo stile di vita, determinando così i gusti personali nello scegliere la bevanda in questione.Secondo tale ricerca, pare che le donne preferiscano il vino bianco, mentre gli uomini quello rosso.
Come cambiano i gusti
Ci sono molti alimenti caratterizzati da una grossa quantità di polifenoli che consumandoli si avverte in bocca un gusto amaro. Ad esempio il cioccolato o le verdure, confrontando le nostre sensazioni con altri individui, è facile comprendere che la loro sensibilità al gusto amaro è diversa dalla nostra.
Cosa accade dunque, tra i vari individui di nazionalità diversa quando bevono un bicchiere di vino rosso ricco di polifenoli? Per poterlo scoprire un gruppo di ricercatori ha coinvolto 600 volontari, di cui 300 italiani e 300 provenienti dalla Repubblica Ceca. Gli è stato chiesto di bere un bicchiere di vino rosso corposo.
Il risultato che si è ottenuto?
Dalle analisi è emerso che le donne sono più sensibili al gusto astringente, ed ecco perchè prediligono il vino bianco.
In aggiunta, confrontando i due gruppi, si è scoperto che gli italiani sono più sensibili al gusto dell’amaro a prescindere dai loro geni. Quindi, questo significa in altri termini che anche la cultura ha un suo ruolo nel determinare i gusti personali.
Naturalmente la strada è ancora lunga da percorrere per poter comprendere appieno se i fattori culturali possono in realtà condizionare la genetica e dunque i geni del gusto amaro/astringente. Le ricerche vanno approfondite, senza tralasciare che il consumo del vino soprattutto nel nostro Belpaese viene assunto con moderazione a differenza degli altri Paesi, un modello virtuoso dunque, che sembra avere la stessa importanza dell’effetto dei geni. Questo è quanto riportato dal ricercatore Alberto Bertelli.