A San Polo di Piave, in provincia di Treviso, c’è chi preserva una forma di allevamento storica per la viticoltura italiana e non solo. Salvare la Bellussera– metodo di allevamento della vite basato su un sistema a raggi, messo a punto dai fratelli Bellussi alla fine dell’800 – è infatti l’impegno dell’azienda Ca’ di Rajo, guidata dalla famiglia Cecchetto, ex mezzadri Giol, divenuti proprietari di questa realtà che oggi esporta in circa 50 Paesi i suoi vini, principalmente Prosecco Doc e Docg e Raboso. La volontà di non sradicare viti di oltre 70 anni, nonostante l’impossibilità di meccanizzarne le operazioni di potatura e vendemmia, è portata avanti con tenacia da Simone, Alessio e Fabio Cecchetto, nipoti del fondatore Marino Cecchetto e decisi a combattere la stessa battaglia del nonno in difesa di un metodo di allevamento tipico di quest’area che si snoda lungo le terre del fiume Piave.
Conservare 15 ettari di Bellussera, una forma di impianto che rischia l’estinzione, non è semplice. La viticoltura in questo vigneto si può condurre esclusivamente a mano: la vendemmia si compie a circa 3 metri da terra, sotto le viti disposte a raggiera e lo stesso vale per la potatura. Le operazioni di raccolta delle uve si svolgono grazie a un rimorchio e a un pianale che consentono di raggiungere l’altezza necessaria. La Bellussera, infatti, prevede un sesto di impianto ampio dove pali in legno di circa 4 metri di altezza sono tra loro collegati da fili di ferro disposti a raggi. Ogni palo sostiene 4 viti, alzate circa m. 2.50 da terra, da ciascuna delle quali si formano dei cordoni permanenti che vengono fatti sviluppare inclinati verso l’alto e in diagonale rispetto all’interfilare, formando una raggiera.
Nei 15 ettari a Bellussera Ca’ di Rajo coltiva le varietà come Glera, Manzoni Bianco e Rosa, Marzemina Bianca e soprattutto il Raboso Piave, uno dei vitigni più antichi del Veneto. Tra le punte di diamante di Ca’ di Rajo vi è il Notti di Luna Piena Malanotte Docg, un vino che nasce da uve 100% Raboso Piave. Grazie alla sua longevità, data dall’alta percentuale di tannini e dalla sua caratteristica acidità, è il vino che la Serenissima trasportava nei suoi viaggi in Oriente. Questa varietà è la prima a germogliare e tra le ultime ad essere vendemmiata. Una volta raccolti, i grappoli vengono adagiati in graticci e fatti appassire in un ambiente controllato e con precise condizioni di temperatura, umidità e ventilazione, per circa 90 giorni, al termine dei quali inizia il processo di vinificazione. L’antichissima pratica di appassimento delle uve Raboso Piave permette di ricavare un vino più aromatico e dalla maggiore complessità. Il Raboso Malanotte DOCG Notti di Luna Piena di Ca’ di Rajo affina in barrique per 36 mesi prima di andare in bottiglia. È un vino strutturato, ricco e generoso che non perde la sua eleganza rivendicando la sua natura di vino autoctono per eccellenza. Ricorda il profumo delle ciliegie, marasca, mora selvatica, amarena, prugna, con accenni al profumo intenso della cannella, vaniglia, cuoio, tabacco, viola e pepe.
Ca’ di Rajo coltiva queste queste uve proprio in vigneti a Bellussera. L’azienda produce altre due espressioni di questo vitigno: il Raboso Doc Piave Sangue del Diavolo e Marinò, un blend di Raboso, Merlot e Cabernet Sauvignon. Il Sangue del Diavolo Raboso del Piave Doc e il Notti di Luna Piena Raboso del Piave Docg Malanotte di Ca’ di Rajo sono un tributo alla leggenda secondo cui, nelle notti di luna piena, il diavolo scende sul paesino di Rai di San Polo di Piave – dove ha sede la cantina – poggiando un piede sulla torre e l’altro sul campanile della Chiesetta del Carmine, risalente al 1300. All’interno della tenuta si trovano anche i resti della torre di Rai, su una collinetta, immersa tra alberi centenari e circondata da campi coltivati, in una cornice che la rende unica nel suo genere. Entrambe le strutture sono sempre visitabili con percorsi guidati.
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