A Matera dal 31 ottobre al 3 novembre si è tenuto il 74° Congresso Nazionale Assoenologi dal titolo “Il vino è cultura”. Matera è una delle città più antiche del mondo e i suoi “Sassi”, le tipiche abitazioni scavate nella roccia, sono la testimonianza di un insediamento urbano vecchio oltre quindicimila anni.
Proprio su questi Sassi millenari si è sviluppata ed evoluta la città di Matera, patrimonio antico ma vivo e, dal 1993, è diventato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Ma scopriamo le peculiarità di queste regione che ha reso Matera capitale europea della cultura 2019.
Un po’ di storia
Una delle zone di produzione del vino più importante è quella attorno al monte Vulture. Questo Monte 130.000 anni fa fece la sua ultima eruzione. I terreni vennero così resi tufacei dalle ceneri, divenendo ideali per la coltivazione della vite.
Già nel V secolo a.C. i romani coltivavano le pendici del Vulture e in queste zone venivano coniate monete con l’effige di Dioniso.
Nel 1971 nasce la prima DOC, dando così alla Basilicata la possibilità di conoscersi e farsi conoscere.
Il vitigno più coltivano?
L’aglianico è il vitigno più antico e giunse in Basilicata già al tempo dei coloni della Magna Grecia: il suo nome deriva da “Elleanico”, che suggerisce la provenienza (oppure potrebbe derivare dalla gens romana Allia, che nel II sec. d.C., coltivava questo vitigno). Questo vitigno dona i migliori risultati sui terreni posti tra i 200 ai 600 metri di altitudine, perché è un vitigno delicato e patisce le eccessive escursioni termiche. Dall’aglianico si ottiene un vino di colore rosso quasi impenetrabile, con note di viola, marasca, ribes nero, vino di grandissima struttura.
L’aglianico è spesso chiamato “il nebbiolo del Sud” per via delle sue caratteristiche e della complessità tannica, ed è da considerarsi come uno dei pochi grandi vitigni autoctoni italiani.
Qual è la situazione della Basilicata negli ultimi anni?
Oggi ci sono un ottantina di cantine, mentre venticinque anni fa erano solo una decina. Questa rinascita enologica ai piedi del Vulture è dovuta ad aziende storiche come D’angelo, Sasso e Martino, ed anche a piccole aziende, che con il tempo, si sono strutturate fino a diventare espressione della Basilicata contemporanea (ad esempio Elena Fucci e Mastrodomenico).
Questa rinascita è dovuta soprattutto alla volontà di studiare l’aglianico e scoprire la sua straordinaria capacità di invecchiamento. Gli studi su questo vitigno sono ancora in corso.
Prospettive attuali
Oltre all’aglianico, altro vitigno autoctono coltivato nel passato è il Primitivo di Matera, che pare essere antecedente anche al Primitivo di Manduria e a quello di Gioia del Colle. La caratteristica del Primitivo di Matera è di essere più sobrio, sapido e fresco, rispetto agli altri due.
Amo la buona cucina e le tradizioni enogastronomiche italiane, per me vino e dessert non sono solo un contorno ma la parte più interessante del buon vivere.