Il progetto “Amarone Espressioni” che oggi presentiamo è la sintesi della nostra filosofia ed è il frutto di un lavoro di ricerca che dura da oltre 10 anni e viene condotto in collaborazione con l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto e il Centro Vitivinicolo della Provincia di Verona. Cantina Valpolicella Negrar, da anni impegnata nella ricerca e nella valorizzazione del territorio, si trova in una situazione di grande vantaggio: situata nel cuore della Valpolicella Classica, possiede vigneti in tutti e 5 i comuni storici della valle, Negrar, San Pietro in Cariano, Sant’Ambrogio, Fumane e Marano. Questo patrimonio le offre l’opportunità di scoprire e conoscere nuovi e più ampi orizzonti di questa terra, facendole comprendere quanto sia importante il patrimonio del quale dispone, a patto di riuscire a codificarlo e darne la giusta valorizzazione, per rendenderlo così irripetibile.
Con questo lavoro la Cantina intende andare oltre il significato di “Amarone” proposto sin ora, principalmente caratterizzato dalle tecniche di appassimento e dai vitigni autoctoni, enfatizzando i diversi territori di questo vino, nuovi e sconosciuti valori sui quali poggiare l’originalità e la competitività futura del nostro territorio.
IL TERRITORIO
Ricercare le differenze per affermare l’identità della Valpolicella attraverso la ricerca dell’originalità che conduce alla non replicabilità dei nostri vini, questa è la “mission” del progetto “Espressioni”.
Originalità non intesa come “vino di stile“, ovvero interpretazione attuata da wine maker famosi mediante particolari tecniche enologiche, wine maker famosi mediante particolari tecniche enologiche, wine maker bensì come “stile di vino”, cioè rappresentazione più fedele e aderente possibile del nostro territorio. In Valpolicella le differenze territoriali sono evidenti, da sempre esistite, evidenziate e studiate ed è così che il lavoro che oggi presentiamo prende spunto da quanto fece l’ingegner Giovanni Battista Perez nella sua stupenda opera dei primi del ‘900 intitolata “La provincia di Verona ed i suoi Vini“, dove offre un’eloquente e precisa dissertazione sui vini della Valpolicella:
«Li austeri di Negrar, i delicati e coloriti di Valgatara, li aromatici di Marano, i sapidi di Fumane, i robusti di Grolla e San Giorgio, i vellutati di Arbizzano, i ben confezionati di Novare».
Più avanti Perez individua perfino i mercati dove questi vini trovavano maggior apprezzamento: espressioni.
5 AMARONI DELLA VALPOLICELLA CLASSICA
«I Vallepolicella comuni e pronti (Parona, Arbizzano e Pedemonte, San Pietro in Piano) sono accolti d’inverno nelle osterie, trattorie ed alberghi delle città. I Fumane e Marano da bottiglia si piazzano abbastanza presso famiglie benestanti delle basse veronesi. I Negrar e Congeneri superiori vanno in Lombardia ed a Venezia. Grolla e San Giorgio in Tirolo e nell’Austria. San Vito e Sant’Ambrogio andarono in Svizzera».
È quindi inevitabile parlare oggi di terroir, concetto intraducibile in Italiano e che in Borgogna ha un significato quasi mistico poiché esprime le diverse caratteristiche del suolo e di ogni altra manifestazione dell’ambiente della vite. Molte sono le definizioni di questo termine ma forse la più completa è quella fornita dal professor Scienza nel 1992:
«Nell’esprimere la qualità di un vino concorrono due “tipi” di qualità, quella innata e quella acquisita. La prima si riferisce a tutti i fattori legati al vitigno e all’agro-ecosistema in cui è inserito; la seconda comprende tutti i fattori umani che agiscono sulla produzione e trasformazione dell’uva. L’insieme di queste due caratteristiche dà luogo alla qualità percepita dal consumatore per un dato prodotto».
La maggior parte dei lavori intrapresi dalle denominazioni italiane sono studi di zonazione, perché analizzano vasti comprensori di produzione, formati da qualche centinaio di chilometri quadrati, e utilizzano analisi statistiche multicriterio, che forniscono quindi risultati attendibili ma troppo generici. La Valpolicella Classica non è un’area grandissima però è ricca di diversità e all’aumentare della prossimità geografica, le differenziazioni dei vini diventano più sottili e difficili da tradurre e riconoscere. L’obiettivo del nostro non è allora quello di zonare bensì caratterizzare o meglio “tipicizzare” i nostri vigneti per rendere più espressivi i vini che ne deriveranno. Dobbiamo, insomma, riappropriarci del termine “tipicità”, del quale si è fatto abuso in passato senza avere piena consapevolezza del suo significato. La tipicità costituisce quindi il fattore chiave che conferisce valore al vino mentre il gusto rimane la sua “armatura”, a condizione che possegga tre attributi essenziali: essere facilmente riconoscibile, localizzabile e riconducibile a un’origine geografica e al suo relativo sapere. Fintanto che la tipicità del vino non viene dimostrata, il terroir rimane, nella migliore delle ipotesi, un rimane, nella migliore delle ipotesi, un terroir concetto virtuale, ipotetico o probatorio e, nella peggiore, un’illusoria roccaforte linguistica adottata per consuetudine contro la concorrenza vicina e lontana. È ovviamente l’uomo che rivela il terroir viticolo e terroir viticolo e terroir servono decine di anni di cure continue, sforzi e successi affinché sia possibile stabilire l’esistenza in tale o talaltro luogo di un vero cru, ovvero la permanenza di un gusto tipico distinto, associato nel lungo periodo a quel terroir e a nessun altro.
IL PROGETTO
I vini che oggi presentiamo costituiscono l’essenza, le “espressioni” più forti di ogni singola vallata della Valpolicella Classica, perché si trovano nella parte più alta di ciascuna di esse: Castelrotto di San Pietro in Cariano, Villa di Negrar, San Rocco di Marano, Mazzurega di Fumane e Monte di Sant’Ambrogio. Impiegando identiche varietà d’uva in ciascun vigneto e adottando stesse tecniche di vinificazione e appassimento, si sono eliminate eccessive variabili dalla sperimentazione, puntando così alla ricerca dell’essenza intima che distingue le cinque vallate della Valpolicella Classica. Con questo lavoro si parte dal vino per trovare il legame, o marker, specifico con il territorio di origine, attraverso marcatori efficaci come gli antociani, i polifenoli, l’acido tartarico e malico, gli alcoli, alcuni composti aromatici e alcuni caratteri sensoriali specifici. Sono molte le variabili ambientali che rendono unico un vigneto e il suo Amarone, a partire dalla grande diversità delle rocce del sottosuolo: la vallata di San Pietro in Cariano si caratterizza per i terreni alluvionali e le coltri detritiche di Castelrotto; quella di Negrar, nella zona di Villa, per i calcari nummoliti; quella di Marano, in particolare a San Rocco, per i basalti, ovvero rocce eruttive localmente chiamate “Toar”; quella di Fumane, a Mazzurega, per l’arenaria calcarea; quella di Sant’Ambrogio per il calcare marnoso, derivante dalla scaglia rossa. Intervengono poi variabili climatiche che definiscono specifici microclimi: le temperature e le escursioni termiche tra il giorno e la notte, le precipitazioni e la loro interazione con la caratterizzazione fisica (profondità e pendenza) e la composizione chimica dei suoli; l’esposizione e l’altitudine. Perfino direzione e velocità del vento intervengono fortemente sull’espressione qualitativa del vino. Ciascuna varietà d’uva e clone si comporta diversamente a seconda del microclima, esprimendosi al meglio in alcuni contesti anziché altri, e sarà allora l’intervento dell’uomo, attraverso tecniche colturali sperimentate e sedimentate nel tempo, a far sì che si ottengano vini di vera tipicità ed autenticità.
Tutti questi fattori rappresentano pennellate di colore che, tutte insieme, formano un dipinto-panorama unico, fatto di piccole sfumature, di profumi e sapori dell’Amarone o meglio degli Amaroni. Scoprire che la Valpolicella e il suo Amarone si compongono di mille sfaccettature, capaci di scatenare molteplici emozioni ci ha resi consapevoli che l’interpretazione del paesaggio e dei suoi vini faticano a essere contenuti entro schemi e formule precise.
In questo risultato d’insieme, nel quale il territorio è protagonista, non bisogna però dimenticare che una delle componenti determinanti è il “Fattore Uomo”: sono le persone che, grazie alla sapiente e genuina capacità lavorativa e inventiva, sono state e saranno in grado di interpretare di questi microcosmi, dapprima attraverso un’enologia “di espressione”, che esprime nel vino l’eccellenza e la diversità della materia prima e del territorio, poi mediante un’enologia “varietale”, che valorizza il vasto e molteplice patrimonio ampelografico, per esempio, coltivando le varie uve nei terreni più adatti. Sono questi uomini che inseguono l’eccellenza, senza dimenticare la tradizione, perché capaci di coniugare con naturalezza l’antico con il moderno, il locale con il globale.
La linea guida del nostro fare e pensare quotidiano è la consapevolezza che non esiste un unico Amarone ma diverse “espressioni” di questo importante vino e che noi le dobbiamo individuare e interpretare per ridare il giusto valore e il corretto significato alla parola “tipicità” affinché sia sinonimo del binomio riconoscibilità-autenticità. Il nostro ruolo di oltre 220 produttori va quindi oltre quello dei semplici trasformatori perché ci impone di essere anche interpreti di un territorio.
Oggi conosceremo alcune espressioni dell’Amarone della Valpolicella ma ne esistono tantissime altre: basta guardare il nostro territorio con nuovi occhi e le scopriremo. Il nostro lavoro di ricerca e conoscenza, che oggi cercheremo di raccontare, rappresenta quindi un piccolo contributo nel generale tentativo di dare consapevolezza dell’immenso patrimonio produttivo, storico e culturale di cui oggi noi siamo testimoni, interpreti ma soprattutto custodi.
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