È uno dei vitigni più antichi d’Italia, probabilmente originario della Grecia e introdotto nel nostro Paese intorno al VII-VI secolo avanti Cristo; oggi l’Aglianico è ancora uno dei principi del panorama enologico nazionale, grazie a caratteristiche organolettiche molto intense che lo rendono anche un eccellente abbinamento con piatti importanti.
La storia dell’Aglianico
Una delle tante testimonianze di questa lunga storia è il ritrovamento dei resti di un torchio romano nella zona di Rionero in Vulture, provincia di Potenza, ma testimonianze storico-letterarie sulla presenza di questo vitigno si trovano anche in Orazio, che cantò le qualità della sua terra natia Venosa e del suo ottimo vino. In epoca più recente, invece, è stato l’Acerbi a citarlo per la prima volta nel XIX secolo. Bisogna però specificare che nel Registro Nazionale delle Uve da vino sono presenti due distinte varietà di questo vitigno (caratterizzato da fortissima variabilità intravarietale e zonale): l’Aglianico del Vulture, diffuso in Basilicata, e l’Aglianico coltivato in Campania, soprattutto nell’avellinese e nel beneventano. Ulteriori approfondimenti con indagini molecolari, ampelometriche e biochimiche, effettuate anche per mezzo del DNA, hanno di recente permesso di stabilire che l’Aglianico e l’Aglianico del Vulture possono essere biotipi della stessa varietà perché hanno la stessa identità genetica, e che le differenze riscontrate sarebbero piuttosto da imputare alla fortissima variabilità fenotipica e genotipica, avvenuta in conseguenza dell’antica riproduzione da seme.
Etimologia di Aglianico
Altrettanta incertezza sembra esserci sulle origini del nome, dove sono diffuse due diverse teorie. La prima fa risalire l’etimologia all’antica città di Elea (Eleanico), sulla costa tirrenica della Campania, o a una storpiatura della parola Ellenico, a conferma della sua terra di provenienza (con la parola Elleanico o Ellenico che, durante la dominazione aragonese nel corso del XV secolo, si trasformò in Aglianico per la pronuncia della doppia “elle” in spagnolo). Secondo un’altra versione, invece, aglianico sarebbe il “vino della pianura”, congiungendo il suffisso latino “anicus” (appartenente a qualcosa) e il termine “llano” (che proprio in spagnolo significa pianura), ovvero una produzione ritenuta di non eccellente qualità. Oggi il termine ha molti sinonimi, tra cui ricordiamo agnanico di Castellaneta, uva di Castellaneta, gnanico, aglianica, presella, ellenico o ellanico, e poi ancora agliano, aglianico di Zerpoluso, olivella di San Cosmo.
La zona di produzione dell’Aglianico
Il vitigno a bacca rossa Aglianico produce alcuni tra i migliori vini rossi del Sud Italia; è proprio nelle regioni meridionali che ha trovato i migliori terroir in cui esprimersi, e in modo particolare in Basilicata, sui terreni dell’antico vulcano spento del Vùlture, e in Campania come detto nelle zone del beneventano e dell’avellinese; ma queste uve sono presenti anche in numerose Doc di Molise, Puglia e Calabria. Ovunque sia coltivato, l’Aglianico conserva comunque una aerea espressione aromatica, sottolineata da note di liquirizia e mineralità, una trama tannica seducente e una sensazione di calore mai eccessiva.
Le caratteristiche del vitigno
L’Aglianico si esprime con particolare eleganza e qualità su terreni di origine vulcanica, ricchi di minerali e scheletro; la vite non teme il freddo, e anzi le escursioni termiche possono favorire lo sviluppo di un profilo aromatico fine e intenso. La pianta ha tendenza a una produzione abbondante, con grappoli che si presentano compatti e caratterizzati da acini dalla buccia scura, con riflessi bluastri, coperti da abbondante pruina. Il vino prodotto ha un colore rosso rubino carico, che con il passare del tempo tende a virare al granato; il profilo olfattivo è intenso, caratterizzato da sentori fruttati e floreali (come eleganti aromi di frutta rossa) che virano verso sfumature speziate e più complesse con l’invecchiamento. Al palato, denota grande struttura, e si rivela caldo e avvolgente, con aromi complessi, trama tannica in bella evidenza e piacevole freschezza.
Le caratteristiche organolettiche dell’Aglianico
In bocca, il vino prodotto da questo vitigno è asciutto, pieno, corposo e strutturato, e questo consente un ottimo abbinamento ai piatti importanti, come arrosti, brasati e formaggi stagionati, nonché spunti più innovativi come l’accostamento tra aglianico e pizza, per un’accoppiata puramente “campana”. La caratteristica di base del vino sono forte acidità e tannini importanti, e in gioventù si esprime con aromi esuberanti, ancora un po’ scomposti e spigolosi: prima di trovare il giusto equilibrio e la perfetta armonia, dunque, questo vino ha bisogno di un buon periodo d’invecchiamento, preferibilmente in legno (sia in botte grande che in barrique), e di un successivo lungo affinamento in bottiglia.
Il vino Aglianico
Con questa uva si producono grandi vini, a cominciare dal Taurasi Docg e passando ad altre denominazioni prestigiose, come Aglianico del Vùlture Superiore Docg e Aglianico del Taburno Docg, che per finezza e struttura sono vini che spesso vengono definiti “Barolo del Sud”. Gli storici inoltre attribuiscono a questo straordinario vitigno anche la prima Denominazione d’Origine al mondo, il “Falerno del Monte Massico”, prodotto nell’entroterra di Caserta e ripetutamente citato dai testi risalenti all’epoca dell’impero romano. Dal punto di vista delle principali cantine, invece, citiamo rapidamente i classici di aziende leader locali come Mastroberardino e Feudi San Gregorio, o ancora marchi come le Cantine del Notaio, Elena Fucci e Basilisco in Basilicata o anche Di Majo Norante in Molise, che producono esempi del miglior Aglianico d’Italia.