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La promozione vino in Usa e Cina rischia secondo il Consorzio Chianti

La notizia è fresca: l’Italia corre il pericolo di essere esclusa dalla promozione in paesi importantissimi come Usa e Cina per i prossimi 5 anni. Si tratta di una realtà che trova l’Italia del vino fuori dai fondi Ocm (Organizzazione comune mercato vitivinicolo) e di conseguenza dai programmi europei attivi nella promozione all’estero, per i prossimi cinque anni per mezzo.

Tutto viene fuori dall’interpretazione di una norma che la Spagna ha richiesto e che ha creato immediatamente il panico, poiché nella programmazione 2018-2023 i produttori vinicoli europei non avranno la possibilità di accedere ai programmi per la promozione del vino lì dove si sono svolte attività da cinque anni.

L’allarme

Il Consorzio Vino Chianti ha creato il panico spiegando che gli amministratori e i politici devono creare le condizioni per tutelare gli interessi del vino italiano e far valere le proprie posizioni. Un’assenza del genere nei mercati determinanti ed emergenti nei prossimi anni si configura come perdere la possibilità di radicare la presenza dei prodotti italiani in tute quelle aree in cui si è presenti e in voga di emergere.

Questo sarebbe un enorme danno per il settore, con richiami drammatici per tutto il sistema economico nazionale.

La notizia si intrufola in un tempo di forte ricchezza per l’export italiano. Un tempo di crescita per il vino italiano che giunge oltre la Francia in Usa e la Spagna in Cina, riservandosi rispettivamente al primo e al quarto posto, secondo il Consorzio.

La programmazione

Non basta guardare il futuro fino a cinque anni lontano, occorre programmare oltre questo tempo. La costruzione di qualcosa di stabile, ad esempio in Cina, richiede ben più tempo, almeno altri cinque anni, se non 10 anni per consentire al nostro prodotto in maniera stabile di concretizzarne la presenza.

Non permettere l’accesso ai fondi europei, bloccando la promozione in questi paesi significa sapere di andare incontro ad un momento di forte calo delle vendite e di una importante perdita per il made in Italy all’estero.

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