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Storia del gin: L’origine di un mito

L’evoluzione del distillato secco, oggi noto come gin, affonda le sue radici nel commercio.

Le zone vinicole fortunate erano quelle poste fra i 30 e i 50 gradi di latitudine, mentre altri paesi, dove stava nascendo il gin, come la Germania, i paesi Bassi, l’Olanda e la Gran Bretagna, non erano zone altrettanto vocate per queste coltivazioni.

Verso la fine del Rinascimento l’Europa subì un cambiamento climatico significativo: gli scienziati odierni la chiamarono Piccola età glaciale, cioè un periodo prolungato di abbassamento delle temperature che si abbatté sul mondo e si intensificò tra la fine del XV° secolo e l’inizio del XVI° secolo.

Nel 1511 l’ondata di gelo provocò il collasso della viticoltura e colpì anche negli anni seguenti. I produttori furono costrette a rinnovarsi diventando distillerie e impiegando i cereali al centro del loro business. Al tempo la fonte più comune di alcol era data dalla birra prodotta dalla distillazione del malto.

Per fare concorrenza ai rivenditori mondiali di brandy, i distillatori ebbero accesso agli ingredienti esotici più economici, infatti all’inizio del XVI° secolo la Compagnia olandese delle Indie Orientali aveva il monopolio delle spezie a basso costo come la noce moscata, i chiodi di garofano ed il pepe nero, tra questi il ginepro che proprio in questo periodo divenne popolare per aromatizzare i nuovi distillati artigianali.

Nel 1601, nella zona oggi comprendente Lussemburgo, Belgio e parte della Germania e della Francia, l’arciduca d’Austria Alberto VII e sua moglie Isabella vietarono la distillazione degli alcolici alla frutta e derivanti dai cereali per ragioni di sicurezza alimentare. In questo modo la distillazione del genever (oggi gin) si spostò fuori dal territorio, a partire dalle zone limitrofe e meno regolamentate.

Le distillerie di frumento erano viste come minaccia non essendo regolate ed i rivenditori tedeschi di brandy fecero delle petizioni al parlamento e riuscirono a relegare l’arte delle distillerie nelle campagne, dove questa prosperò senza freni. La distillazione dei cereali venne avvantaggiata nei luoghi dove questa era tassata e non vietata. Le zone dei Paesi Bassi in cui il genever non fu bandito riuscirono a trasformarlo in fonte di reddito per la Corona: le prime testimonianze della tassazione risalgono al 1606.

Tutto continuò a scorrere liscio fino alla Prima guerra anglo-olandese, che scoppiò nel 1650 circa per il controllo dei mari e delle rotte commerciali. Nel 1674, alla fine della terza guerra tra i due paesi, nacquero e si diffusero i cosiddetti “negozi di acqua forte”. Prima l’alleanza, poi la guerra, contribuirono a radicare la passione per i distillati olandesi e malgrado le agevolazioni fiscali i distillati d’importazione regnarono sovrani.

Il gin nel XVII e nel XVIII secolo divenne alquanto costoso, e nei territori della Gran Bretagna (in cui l’uva non cresceva) si tentò di sperimentare, con scarso successo, il distillato utilizzando le mele, ma si ottennero dei prodotti di pessimo sapore, che né impedirono la diffusione di massa. I cereali, d’altra parte, erano impiegati per tutt’altra produzione.

I distillati britannici ebbero una risalita negli anni del 1680, anni dell’ascesa al trono inglese di Guglielmo d’Orange, nel 1689. In quegli anni era di moda essere olandesi, così anche il genever (gin) diventò di moda. Per poter incassare le accise Guglielmo permise di produrre i distillati, perché il suo unico pensiero erano le tasse e le entrate. I distillati francesi vennero banditi, perché tutto ciò che era francese era considerato fuori moda e levava fette di mercato alle produzioni locali.

Il gin craze (mania del gin) dilagò nel Settecento e regolamentò un settore fatto per riempire le casse della Corona. Nel 1729 il Gin Act impose ai rivenditori una licenza annuale di 20 sterline oltre ad una tassa per gallone e il Gin Act del 1736 prescriveva una licenza di 50 sterline per la vendita del gin e un premio di 5 sterline per chiunque denunciasse chi lo forniva in violazione della legge.

Nel decennio successivo, durante la Guerra di Successione austriaca, la licenza per vendere il gin si ridusse a 1 sterlina ed entro il 1744 furono vendute oltre 20000 licenze. Il Gin Act del 1751 raddoppiò il costo della licenza, ma non suscitò indignazione, né fece in modo che i venditori chiudessero bottega, anzi la professione era considerata rispettabile. Nel 1751 la regolamentazione del settore provocò una riduzione delle vendite, sia per i gusti del pubblico che si spostarono sulla birra (soprattutto quella scura) che perché i raccolti furono scarsi, infine, a partire del 1757, la distillazione venne bandita: il gin non sparì ma subì un forte calo di interesse per il produttore ed il consumatore.

Benché l’iniziale evoluzione del gin sia stata influenzata da una serie complessa di elementi, che ruotavano per la maggior parte attorno al commercio, nel XIX secolo il distillato fu arricchito di zuccheri e dolcificanti, e chiamato Old Tom, per ottenere un sapore migliore. Fu così che nacque la passione per il dry gin, meno influenzata dal commercio, finchè la voga dei cocktail lo costrinse ad evolversi ancora una volta.

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