Il 24 settembre del 1716 il Granduca di Toscana Cosimo III emana il «Bando Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra». È proprio questo il primo, archetipico documento ufficiale con cui s’identifica, delimita e protegge un’area geografica riconosciuta come zona di qualità produttiva.
Il Chianti Rùfina (Doc nel 1967 e Docg nel 1984) nasce proprio da qui, da quella ‘regione’ che ai tempi di Cosimo III era denominata Pomino e che corrisponde all’odierna sottozona Rùfina, estesa per circa 800 ettari vitati e rappresentata da 22 produttori in totale e di cui 20 hanno aderito al Consorzio Chianti Rùfina; tra questi c’è l’Azienda Agricola I Veroni.
La sede de I Veroni si trova a soli 10 km da Firenze, nel comune di Pontassieve, in una fattoria di origine cinquecentesca, che nel 1897 fu acquistata dal bisnonno materno dell’attuale direttore Loreno Mariani, e che nel tempo, da originario complesso agricolo destinato a diverse colture, è stata trasformata in azienda vitivinicola con una parte della produzione riservata all’olio extravergine di oliva (40 ettari). Il nome dell’azienda porta ancora con sé i segni dell’antica fattoria: verone è una parola toscana che indicava i terrazzamenti delle case di campagna dove erano poste a essiccare le foglie di tabacco (all’epoca coltivato presso le rive dell’Arno), e di quei veroni l’antica fattoria ne conserva ancora uno.
Lorenzo segue l’azienda dagli anni ‘90, gli anni del ‘restauro’ in vigna, quando l’intero vigneto – 20 ettari a circa 350 m. s.l.m. – subisce un importante intervento di reimpianto con cui si è lasciato spazio soprattutto al sangiovese, che occupa 16 ettari, accompagnato da Canaiolo e Colorino – che entrano a far parte dell’uvaggio del Chianti Rùfina DOCG –, da qualche vitigno internazionale (Syrah, Merlot e Petit Verdot) e dagli autoctoni Malvasia e Trebbiano che concorrono alla creazione del raffinatissimo Vin Santo del Chianti Rùfina DOCG, di cui si producono nella storica vinsantaia poco più di mille bottiglie: avere questa chicca nella propria cantina non sarebbe affatto male!
La vera sorpresa dell’azienda è la versione Riserva del Chianti Rùfina, un vino la cui scelta produttiva manifesta con chiarezza e senza sbavature la direzione che l’azienda ha deciso di seguire sia nei confronti del territorio sia del mercato nazionale ed estero.
Tre annate a confronto: 2013, 2009 e 2006.
Su spinta di Lorenzo si avvia la produzione di Riserva dal 1996 e la vigna ‘investita’ del compito di produrre i frutti destinati esclusivamente all’elaborazione della Riserva è quella di San Martino a Quona, circa 4 ettari.
Iniziamo da una parola semplice ma significativa: purezza. Il Chianti Rùfina Riserva è un vino in purezza, un sangiovese 100%. Basterebbe questo dato, così, nudo e crudo, a innescare una querelle tra innovatori, internazionalisti, tradizionalisti, e chi più ne ha più ne metta, su quale sia o debba essere il presunto stile del Chianti, ma quello che ci interessa in questo momento è solo raccontare un vino con tutto quello che è il mondo che gli sta attorno, fatto, prima di tutto e inevitabilmente, di scelte.
La Riserva in cantina vive nel legno: fermenta in tini di legno con lieviti indigeni a temperatura controllata, svolge la malolattica in botti grandi di rovere e successivamente trascorre dai 15 ai 18 mesi in tonneau di secondo, terzo e quarto passaggio, la sosta in cantina si conclude con un affinamento in bottiglia di almeno 10 mesi.
Il Chianti Rùfina Riserva 2013 è un vino giovane, adolescente, perché dell’adolescenza porta i tipici tratti: la brillantezza e la luminosità efebiche di un rosso rubino vibrante che non ha ancora avuto il tempo di virare verso tonalità più evolute, ma che certo nella sua vivace esuberanza si lascia guardare con piacere. Un quadro olfattivo composto, discreto, ‘a riposo’, che accenna soltanto alla ricca complessità delle Riserve più evolute, ma, d’altra parte, l’adolescenza è ancora una fase di ‘formazione’. All’assaggio emergono i lati un po’ più ruvidi e spigolosi di quel ‘carattere in evoluzione’ che deve aspettare ancora qualche anno per trovare equilibrio e rotondità.
Il Riserva 2009 è tutt’altra cosa. Già al momento della mescita si mette in bella mostra con una texture compatta e morbida, mentre scende gorgogliando elegantemente nel bicchiere. Qui non c’è traccia di retaggi adolescenziali, la maturità si percepisce subito, dapprima alla vista, con quel tipico colore granato sui bordi che circonda un cuore scuro e impenetrabile; immediato l’impatto con un bouquet ricco, variegato, complesso e seducente, che profuma di frutta cotta, spezie, cioccolato con una sottile nota di cuoio e che invita all’assaggio senza esitazione. Ed è qui che si compie la magia dell’evoluzione. Il tannino ha levigato tutte le asperità di gioventù, ma non ha perso il suo vigore e si lascia percepire in tutta la sua più piena raffinatezza, in bocca è morbido ed equilibrato, una discreta acidità che rende la bevuta piacevole e chiama il secondo, il terzo, il quarto sorso e così via fino a finire il bicchiere.
Ultimo il Riserva 2006. Dieci anni, eppure la prima cosa che sorprende è la pienezza del colore: se il 2009 e il 2006 fossero stati bevuti senza conoscerne le annate, il più vecchio sarebbe sembrato il più giovane e viceversa. Questo è uno degli aspetti più affascinanti del vino, l’imprevedibilità, o meglio, la possibilità di prevedere, ma la necessità di aprire e provare ogni singola bottiglia. Mai dare nulla per scontato. Il vino è una sorpresa e una scoperta continua. Al naso netti profumi di evoluzione, un terziario deciso e anche una delicatissima nota balsamica; all’assaggio si avverte un po’ di carenza in acidità e tannino sovrastati da una componente calda e morbida purtroppo troppo evidente. La persistenza è lunghissima.
Tre annate a confronto che esprimono, tutte, il grande potenziale di un sangiovese in purezza lavorato con un uso moderato e per nulla invasivo del legno che regala al vino solo la parte migliore, il resto lo fanno il tempo e il riposo in bottiglia.