Il Piemonte è unanimemente conosciuto, anche a livello internazionale, per i grandi vini rossi delle Langhe. Tuttavia è una terra in cui sono coltivati anche interessanti vitigni autoctoni a bacca bianca: cortese, arneis, erbaluce e timorasso. Proprio quest’ultimo vitigno, forse anche perché originario della zona dei Colli Tortonesi, in qualche modo periferica rispetto al cuore nobile della viticoltura piemontese, ha fatto molta fatica ad affermarsi e a rivendicare la sua individualità, pur avendo grande personalità e caratteristiche uniche nel panorama dei bianchi italiani.
Si tratta di un vitigno autoctono, coltivato nella zona dell’alessandrino fin da tempi remoti, se ne ritrovano testimonianze già a partire dal XIV secolo. Ha sempre avuto una forte connotazione territoriale e si è adattato in modo perfetto alla zona collinare di Tortona, caratterizzata da belle esposizioni soleggiate e clima mite, riparato dai venti freddi. I suoli sono composti da argille chiare, con forte componente calcarea. La sua limitata diffusione è imputabile alla scarsa e incostante produttività, che in passato gli ha fatto preferire vitigni più generosi e resistenti, come la croatina, la barbera e il cortese. Sarebbe stato destinato a un’inevitabile estinzione, se verso la fine degli anni ’80, alcuni vignaioli tortonesi non avessero deciso di scommettere sulle potenzialità di questo vitigno. Oggi finalmente il Timorasso è apprezzato come uno dei bianchi più interessanti e particolari del panorama italiano. Tra i produttori protagonisti della riscoperta del vitigno, un ruolo importante è stato ricoperto da Claudio Mariotto, che ha deciso di puntare decisamente sui vitigni del territorio: barbera, cortese e soprattutto timorasso. I suoi vigneti si estendono complessivamente su circa 26 ettari e donano vini che sono perfette espressioni del terroir, prodotti ancora con cura e saper fare artigianale, lontani dalle logiche industriali.
Mariotto produce tre versioni del Timorasso, il Derthona, frutto di uve provenienti da vari vigneti e due cru, il Cavallina e il Pitasso. Pitasso rappresenta la massima espressione del Timorasso di Claudio Mariotto. La vigna ha un’età di circa 40 anni, con piante dalle basse rese, circa 50qt per ettaro e uve dalla grande concentrazione aromatica. La collina del cru Pitasso si trova a un’altitudine di circa 250 metri sul livello del mare e i suoli sono composti da argille e calcari. Le uve vengono selezionate e vendemmiate manualmente. Dopo una pressatura soffice è avviata la fermentazione alcolica a temperatura controllata. Il vino matura poi in contenitori d’acciaio, sulla feccia nobile, per diversi mesi e successivamente, prosegue l’affinamento in bottiglia prima di essere messo in commercio. Per il Timorasso, la fase dell’affinamento in bottiglia è molto importante per una completa e armoniosa maturazione del vino e completa evoluzione. Si tratta di un bianco atipico, che non va bevuto giovane e che dona il meglio di sé solo dopo alcuni anni, quando le componenti minerali si evolvono verso aromi complessi d’idrocarburi, che ricordano i riesling renani. Il Timorasso Pitasso ha un colore giallo chiaro. Al naso esprime un bouquet complesso con profumi floreali, fruttati, aromi d’erbe officinali, camomilla, sentori di pietra focaia e nuances fumé. Al palato denota subito una buona struttura, è un vino caldo, ampio, ricco con aromi di frutta gialla, susine, frutta secca, noci, mandorle tostate e una vivace spinta minerale di grande carattere. La vena acida è vivace e il finale sapido e persistente. E’ un vino di personalità, un bianco importante. Per struttura e complessità aromatica si abbina molto bene con aragosta, scampi e crostacei in generale. Ottimo anche con le carni bianche e con formaggi saporiti di media stagionatura.