Carmen, il capolavoro di Georges Bizet, considerata opera nazionale in Francia, simile all’Aida in Italia, è una storia d’amore e morte, che tocca i vertici più alti della drammaticità. Tra i vari elogi che si sono susseguiti nel tempo, il filosofo Nietzsche affermò: Ascoltando la Carmen si diviene noi stessi un capolavoro.
L’Opera fu rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1875 al Teatro dell’Opéra- Comique; in quattro atti, è tratta da una novella di Mérimée del 1845, e Bizet collaborò al libretto, rielaborando e modificando la trama. L’azione si svolge in Spagna, a Siviglia e sui monti vicini. Alla caserma, sulla piazza del mercato, dove si trova anche la manifattura dei tabacchi, arriva Micaela, la fidanzata del brigadiere José che, però, non riesce ad incontrarlo. Intanto, dalla manifattura dei tabacchi, escono le sigaraie, tra cui si distingue Carmen, la più ardente e vivace, una bella gitana che non si cura dei corteggiatori ma vuole attirare l’attenzione di Josè; si mette a danzare e a José, intanto sopraggiunto, lancia un fiore, che l’uomo raccoglie. Rientrata al lavoro, Carmen si azzuffa con una compagna, e la ferisce; è proprio José ad arrestarla e a condurla in prigione, ma la donna riesce a convincerlo a lasciarla evadere. Per aver mancato al suo dovere il brigadiere viene imprigionato ma, appena scontata la punizione, corre da Carmen, nella taverna di Lillas Pastia, dove la donna si trova in compagnia di zingari e contrabbandieri ai quali, dopo varie vicende, José finirà per aggregarsi, ribellandosi ai suoi superiori, divenendo disertore, legandosi a lei e rifugiandosi sui monti con i contrabbandieri. Nella nuova vita, però, José è infelice: rimpiange l’esistenza che ha abbandonato, soffre l’amarezza di sentirsi trascurato da Carmen, ed è tormentato dalla gelosia per Escamillo, un torero attratto dalla sua donna. Nel rifugio dei contrabbandieri arriva Micaela, a portare la notizia che la madre di José è morente: José allora decide di seguire l’ex-fidanzata al capezzale della madre. L’ultimo atto ci riporta a Siviglia: Escamillo sta per entrare nell’arena per la corrida e Carmen gli promette il suo amore se trionferà. Sopraggiunge José che scongiura Carmen di tornare con lui; la donna, però, gli risponde freddamente e gli restituisce con disprezzo l’anello che lui le aveva donato. Questo contegno aumenta il tormento di José che, in preda ad una crisi di gelosia e disperazione, uccide Carmen con una pugnalata. La musica di Bizet è piena di impeto, di ardore, di contrasti fra i festosi motivi zingareschi e l’incalzare drammatico dell’azione, rendendo quest’opera trascinante ed avvincente. Eppure la prima rappresentazione, a Parigi, nel 1875, non ebbe successo, nonostante fossero stati apportati dei cambiamenti per addolcire la vicenda e aggiunte danze di carattere brillante, ispirate al folklore spagnolo.
Il lavoro era carico di drammaticità e difficilmente poteva piacere al pubblico dell’epoca; infatti, l’intreccio della storia venne giudicato immorale, con zingari, contrabbandieri e fuorilegge, e con un finale sanguinoso da cronaca nera. Anche la musica non fu gradita agli amanti della tradizione, perché giudicata dai critici come fredda, con “assenza di melodia”. Così, Bizet non conobbe mai il successo che poi ebbe la sua opera; tre mesi dopo la prima rappresentazione, il 3 giugno, Bizet morì, a soli 37 anni, mentre la cantante che interpretava la sua Carmen all’Opera scopriva la carta fatale della morte. Carmen è uno dei personaggi più complessi e affascinanti della storia dell’Opera: è civettuola e seducente nella voluttuosa habanera del primo atto, funerea nell’Aria delle Carte, fatale e spavalda, come un’eroina delle tragedie classiche, nell’epilogo finale quando sembra offrirsi al coltello di José. Ed è nel Primo Atto, Scena 9, che compare il vino:
Carmen viene accusata di aver ferito con un coltello una sua collega operaia; per questo motivo viene trattenuta da Don José, che ha il compito di portarla in prigione. Ma Carmen vuole essere liberata; lo tenta, lo seduce cantando una vivace Seguidilla (una canzone spagnola dal ritmo animato); se lui la lascia fuggire, gli promette che lo amerà; lo aspetterà alla taverna del suo amico Lillas Pastia, a bere manzanilla…
Carmen Près des remparts de Séville, chez mon ami Lillas Pastia, j’irai danser la séguedille, et boire du manzanilla.
Carmen Vicino alle mura di Siviglia dal mio amico Lillas Pastia, andrò a ballare la Seguidilla, e a bere del manzanilla.
Ma che vino è il Manzanilla? E’ il vino tipico dell’Andalusia, che rappresenta uno stile di vita.
Appartiene alla grande famiglia degli Sherry (in inglese), o Jerez, in spagnolo. Tutti gli Sherry esistenti derivano da due sole uve: il Pedro Ximénez e il Palomino, che non sono mai usate insieme in assemblaggio e danno vini dal carattere estremamente differente. Il Pedro Ximénez è usato per produrre tutti gli Sherry dolci, con sentori di prugna, caramello, uva passa, fichi secchi, chiodi di garofano, ciliegia matura e sono di grande carattere.
Dal Palomino, le cui radici assorbono la mineralità del sottosuolo come poche altre piante al mondo, deriva invece la produzione di tutti gli Sherry secchi, nelle varie tipologie: dal Fino, al Manzanilla, all’Oloroso, all’Amontillado. Ciò che rende unico il Manzanilla è, oltre al caldo, il suolo, composto da sabbia (arenas), argilla (barros), gesso (albariza). Le radici affondano nel gesso, che trattiene l’acqua e forma dopo le piogge una crosta dura e compatta in vigna che previene l’evaporazione.
Il Manzanilla si produce a Sanlúcar de Barrameda, dove il Guadalquivir si getta nell’Atlantico, che riempie i vigneti di salinità, salmastro, vento e piogge mitigatrici.
Da qui partirono nel 1498 Cristoforo Colombo per il terzo viaggio e nel 1519 la spedizione di Ferdinando Magellano che effettuò la circumnavigazione del globo
Questo Sherry Fino deve il suo nome all’odore di fiore di camomilla (manzanilla in spagnolo), sia secco che fresco e di tè alla camomilla, e di mela (manzana in spagnolo), ma si colgono anche note di miele e fiori bianchi che ne caratterizzano lo stile. Al palato appare leggermente salino, per la vicinanza dei vigneti al mare, con accenni di frutta e vaniglia. È un vino bianco molto chiaro, secco e con una bassa acidità.
Gli Sherry sono vini fortificati (o liquorosi), cioè hanno un’aggiunta di brandy (distillato di vino) al fine di aumentarne la gradazione alcolica, metodo che deriva dal passato, per renderli più resistenti ai lunghi viaggi che dovevano affrontare dalla loro terra d’origine, l’Andalusia, alle regioni dell’Europa del Nord e ai paesi del Nuovo Mondo.
Tutti i vini prodotti con uva Palomino, dopo la fortificazione, sono messi in botte con l’intenzione di farne dei Fino, ma non tutti lo diventeranno. Perché una botte possa dare il Fino, infatti, si deve verificare la formazione della cosiddetta “flor” sul vino stesso. La “flor” è una “coperta” di lieviti che protegge il vino dal contatto con l’aria e ne impedisce l’ossidazione, che è invece il carattere dominante dei vini nelle botti dei quali la “flor” non si è formata, come ad esempio gli Oloroso.
Come tutti gli Sherry, anche il Manzanilla segue il metodo Soleras, con le botti collocate in strati sovrapposti, in media per cinque anni. E ‘il più leggero di tutti i vini di Jerez , ideale per accompagnare l’aperitivo, con la capacità di rinfrescare, nonostante i suoi 15°C, nelle calde serate andaluse.