Sembra una domanda strana, ma “quanta acqua serve per fare il vino” è quello che si propone di “scoprire” il progetto “Terra&Acqua” messo a punto dalla Water Right Foundation, associazione di base in Toscana che intende promuovere l’importanza della sostenibilità idrica sia nella filiera vitivinicola che in quella di produzione dell’olio.
L’acqua per il vino
Per capire l’incidenza delle necessità di produzione agroalimentare sui consumi di acqua, i ricercatori di Agraria e Ingegneria dell’Università degli Studi di Firenze hanno valutato l’impronta idrica di tre aziende toscane: la Fattoria Lavacchio, che produce 523 ettolitri di vino dai sui 23 ettari di vigne; l’azienda Querce, che produce 282 ettolitri di Chianti, mentre per l’olio ci si è rivolti all’azienda Poderina (15mila chili l’anno da 30 ettari di oliveti) che fa parte della Comunità del cibo a energia rinnovabile della Toscana con un impianto fotovoltaico da 20 kw e un impianto a biomassa che recupera i noccioli di scarto derivanti dalla lavorazione delle olive.
L’impronta idrica delle cantine
Lo studio rappresenta anche la prima applicazione della nuova metodologia ISO 14046 per produzioni agricole in Toscana; in sintesi, ha consentito di scoprire che per ogni litro di vino prodotto vengono consumati 2 litri di acqua, mentre l’impatto dell’olio è dieci volte superiore. In tutte le aziende prese in esame si è evidenziato un consumo maggiore nella fase di lavorazione del prodotto, con tassi che oscillano dal 61% della Fattoria Lavacchio al quasi 95% della Poderina.
Il rapporto tra acqua e vino
La Water Right Foundation ha come obiettivi generali la solidarietà sociale, la promozione di interventi di cooperazione, di tutela e di valorizzazione delle risorse naturali e dell’ambiente, con riferimento al diritto di accesso all’acqua e l’uso sostenibile della risorsa idrica. Per questo, ha rivolto alla filiera agroalimentare toscana un invito alla consapevolezza dei consumi, nella convinzione che conoscere l’impronta idrica delle eccellenze agricole possa contribuire a valorizzarle, riducendo al tempo stesso sia l’impatto ambientale che i costi d’esercizio.
2 litri d’acqua per 1 litro di vino
I ricercatori hanno spiegato come la cosiddetta Water Footprint (cioè la quantità di litri di acqua che servono per produrre un litro di vino o di olio) “non è soltanto il risultato di un’equazione, ma rappresenta un punto di partenza per promuovere la consapevolezza dell’importanza della risorsa idrica nell’economia locale”. Per la quantificazione, allora, si è cercato di definire una procedura standard per valutare i consumi idrici e identificare di buone pratiche e soluzioni per migliorare l’impatto ambientale. Il presidente di Water Right Foundation, Mauro Perini, sostiene che “la storia dell’umanità ci insegna che senza sviluppo non c’è futuro. Ma abbiamo bisogno di una nuova e responsabile qualità dello sviluppo. Il nostro obiettivo è ridare centralità al reticolo idrografico del nostro territorio. Poterlo fare con il pieno coinvolgimento di chi produce, distribuisce, consuma, significa considerare in senso più ecologico la modernità”.
La sostenibilità delle eccellenze
Gli fa eco Giorgio Federici, docente del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’università di Firenze: “Dai settori che rappresentano il fiore all’occhiello della nostra regione deve partire un messaggio forte di attenzione alla 31” commenta il professore, che poi aggiunge: “L’acqua rappresenta la risorsa più importante nel nostro pianeta e il mondo della ricerca ci dice che nei prossimi decenni rappresenterà uno degli aspetti chiave dello sviluppo. Il nostro progetto è l’inizio di un percorso proattivo in cui le aziende, oltre che migliorare le proprie filiere, si fanno portavoce, con i loro prodotti, della necessità di rispettare la risorsa acqua”.