Anche la produzione di vino ha modificato le sue tecniche in base a criteri che rispettino la natura e l’ambiente; tuttavia si tende a fare confusione tra varie terminologie e tipi di vini che appartengono al settore biologico.
Per questa ragione cercheremo di fare chiarezza, cercando di spiegare che cosa si intende per vino biologico, naturale o biodinamico, analizzando le principali caratteristiche di questi prodotti.
Il vino Biologico
Per vino biologico si intende un prodotto che rispetta tutte le pratiche di agricoltura biologica per quanto riguarda le coltivazioni della vite; in secondo luogo, un vino biologico si attiene scrupolosamente alle indicazioni di produzione vinicola del regolamento CE n. 203/2012, il quale proibisce, nell’ordine:
- Un utilizzo di solfiti oltre il limite previsto;
- La desolforizzazione;
- La dealcolizzazione;
- L’elettrodialisi;
- L’utilizzo di scambiatori di cationi;
- L’impiego di qualsiasi tipologia di sostanze chimiche.
Il regolamento biologico, per quanto concerne i solfiti, prevede un massimo di 150 mg/l per i vini rossi e bianchi secchi.
Inoltre bisogna che tale vino sia certificato da uno specifico ente, il quale verificherà scrupolosamente che esso si attenga al regolamento, per poi rilasciare l’attestato che stabilisce l’origine biologica del suddetto.
Il vino biodinamico
L’agricoltura biodinamica basa i suoi principi sull’impiego di concimi e di tecniche di produzione e coltivazione assolutamente compatibili con l’ambiente e con la salute degli animali.
Sulla base di tali premesse, un vino biodinamico ha un’origine ben più complessa della semplice agricoltura biologica: infatti esso deve rispettare rigidi criteri che abbracciano in toto la coltivazione della vite e la sua trasformazione in vino.
In primis i concimi impiegati devono essere biologici, e non devono essere utilizzati anticrittogamici e repellenti chimici in caso di malattie della pianta.
Inoltre, dal punto di vista della produzione in cantina, un vino biodinamico non deve subire i seguenti trattamenti:
- Termovinificazione,
- Pastorizzazione;
- Aumento del grado alcoolico.
Per quanto riguarda invece i lieviti, essi sono ammessi solo in fase di rifermentazione degli spumanti, e devono provenire da organismi non modificati a livello genetico.
Infine, vi sono ulteriori restrizioni sull’impego di anidride solforosa, che ha un limite di 70 mg/L per i vini rossi, di 90 mg/L per i rosati ed i bianchi secchi, e infine di 60 mg/L per gli spumanti e i vini frizzanti.
Il vino naturale
Questa è forse la definizione più difficile e controversa, rispetto alla rigida disciplina che vige negli altri due casi.
Molti critici hanno cercato di dare delle linee guida, che vanno da posizioni estreme, come ad esempio quella di chi ritiene un vino naturale solo se esso non utilizza alcun prodotto chimico e alcuna tecnica artificiale sia nella coltivazione della vite che nella produzione del vino in cantina, ad alcune che intendono naturale un vino che semplicemente rispetta l’ambiente e la natura, e che non rifiuta totalmente la tecnologia nelle fasi di coltivazione e produzione.
Vi sono poi alcuni enologi che hanno un concetto di naturale legato all’opposizione al processo omologante di produzione economica, il quale annichilisce l’armonia tra l’uomo e la terra e sfrutta in maniera meramente utilitaristica ed egoistica la natura.
Fatto sta che tutte queste posizioni concordano su di una cosa: un’azienda che produce un vino naturale non è un’industria, e dunque ha dimensioni e metodi di produzione artigianali.
Inoltre un vino artigianale deriva dalla coltivazione di vitigni autoctoni, che rispettano la tradizione locale, e deve la sua fortuna interamente all’uomo e alla sua capacità di interagire con l’ambiente, senza passare attraverso il filtro eccessivo della chimica e della tecnologia.
In conclusione, un vino naturale è qualunque vino venga realizzato nel pieno rispetto della terra, dei ritmi agricoli di produzione, e senza sfruttare eccessivamente i frutti di Madre Natura.