La carrozza entrò lentamente in città, mentre la luce del giorno scompariva dietro le colline. Era stato un viaggio lungo e faticoso; le strade da Milano a Bologna erano dissestate e costringevano la carrozza a continui sussulti; per di più, quegli ultimi giorni di marzo, del 1770, erano stati così piovosi e umidi che Wolfgang aveva preso un fastidioso raffreddore.
L’ennesimo viaggio…da quando aveva sei anni, era sempre in viaggio, con il padre, per fare concerti presso le Corti dei potenti d’Europa: Germania, Paesi Bassi, Londra, Parigi, Svizzera, Praga. Per fortuna c’era con lui Nannerl, sua sorella, che lo faceva sorridere e giocava con lui. In verità, il tempo per giocare non era molto; suonare e comporre erano i suoi passatempi, esercitarsi ed esibirsi le sue occupazioni. Una volta, quando aveva detto a suo padre, dopo ore di studio, di avere voglia di andare fuori, a correre, come gli altri bambini, lui aveva risposto severo, con un tono che non ammetteva repliche: “Wolfgang, tu non sei un bambino come gli altri!”.
Forse era vero, e poi, in tutti quei viaggi, si era anche divertito: una sera, una signora che sembrava una regina, al termine del suo concerto, era stata molto gentile e lui le era corso incontro, per abbracciarla con affetto; in un’altra occasione, aveva conosciuto una bambina della sua età così bella con i suoi boccoli biondi e la cipria sulle gote, che le aveva chiesto se avesse voluto diventare sua moglie.
Ma ora stava diventando grande, aveva già quattordici anni, non era più il bambino prodigio che tutte le corti accorrevano ad applaudire per il suo talento; doveva pensare alla formazione, allo studio, al perfezionamento e a trovare un incarico, in Italia magari.
Viaggiavano lui e il padre; Nannerl aveva quasi diciotto anni e non li seguiva più, così ogni tanto si sentiva solo…
Trovarono alloggio presso l’Albergo del Pellegrino, in via dei Vetturini, quel 24 marzo. Due sere dopo, ci sarebbe stato un grande evento a Bologna: tutti i personaggi più in vista della città erano stati inviatati al concerto di gala che Wolfgang avrebbe tenuto presso il palazzo del conte Pallavicini in via San Felice.
Quella sera arrivò e lui fu trattato come un vero principino: entrato nel salone, fu sorpreso e inebriato dalla profusione di candele, dai preziosi cristalli e poi dai limoni, dalla neve refrigerante e dal cioccolatte, di cui era ghiotto!
Ma il tempo incalzava, era sempre stato così per lui: il giorno dopo fece visita all’illustre Padre Martini, presso il convento di San Francesco, famoso per le sue lezioni di contrappunto, poi al cantante Farinelli e il giorno successivo all’Istituto di Scienze in via Zamboni.
Ed era già tempo di partire: il 29 marzo la carrozza lasciò Bologna, diretta verso Firenze.
Nei mesi seguenti, ci furono l’incontro con il Papa, ricevimenti, accademie, esibizioni, concerti, applausi, a Firenze, Roma e Napoli. Poi suo padre, sempre attento alla sua carriera, ebbe una brillante idea: tornare a Bologna e accettare l’invito di soggiornare nella villa del gentilissimo e ospitale Conte Pallavicini, alla Croce del Biacco, per tutta l’estate. Qui, immerso nella natura, Wolfgang si sarebbe preparato, sotto la guida di Padre Martini, per sostenere l’esame di ammissione alla prestigiosa Accademia Filarmonica, all’inizio di ottobre.
Cominciò così un periodo indimenticabile.
Wolfgang e suo padre arrivarono alla villa il 20 luglio, quando tutta la campagna emiliana era avvolta dal sole e dalla luce, percorrendo il lungo il viale che precedeva l’ingresso. La famiglia del conte, al completo, venne a salutarlo e ad accoglierlo e lo condusse attraverso stanze e saloni, che sarebbero stati per qualche mese la sua casa, con tanto di servitù; una vera casa, non una di quelle fredde e umide locande, senza riscaldamento, in cui spesso erano costretti a stare, come raccontava il padre Leopold a sua madre, in una delle tante lettere che le scriveva quando erano lontani.
Attorno alla villa c’era un parco immenso, con alberi secolari e vigneti tutto attorno, sulle colline circostanti. Al mattino Wolfgang iniziava presto le lezioni con Padre Martini. Faceva poi lunghe passeggiate attraverso i boschi; i suoni, i crepitii dei suoi passi, il cinguettio degli uccelli diventavano idee di note nella sua mente, arie da afferrare e scrivere…
Fu così che un giorno alla villa arrivò Thomas: era un violinista inglese, aveva anche lui quattordici anni, era anche lui un prodigio musicale, figlio di un compositore, in viaggio per l’Europa. I due divennero amici: allo studio iniziarono ad alternare chiacchere e confidenze, sullo sfondo di una vita quasi normale.
Le passeggiate divennero corse, i sussurri composti si trasformarono in urla e risate, i vigneti diventarono un mondo da scoprire, con i contadini che spiegavano loro i segreti del cambio di colore dei grappoli, della crescita degli acini di quel cabernet sauvignon arrivato da poco, parlando del timore della grandine e della siccità, di fronte ai loro occhi interessati e stupiti.
E lo studio arrivò ad essere il divertimento di fare musica insieme, tanto che decisero di tenere un concerto: una sera, rallegrarono gli inviatati e suonarono “non come ragazzi, ma come uomini”, come riferì orgoglioso suo padre Leopold.
Ma l’estate volgeva al termine, si avvicinava la vendemmia e il tempo degli esami: a settembre Thomas partì e Wolfgang seguì il suo sguardo malinconico, mentre la carrozza si allontanava per sempre dalla villa.
I giorni si susseguirono frenetici: la vendemmia era iniziata e lo studio era sempre più intenso. Bisognava fare presto a raccogliere l’uva, il tempo stava cambiando e si temevano temporali che avrebbero compromesso l’annata; era necessaria più disciplina e più concentrazione, l’esame, si sapeva, sarebbe stato difficilissimo.
E allora, i carri pieni di uva matura passavano, in un susseguirsi concitato, ogni volta che Wolfgang alzava gli occhi dai suoi compiti; antifone e contrappunto, frastuono dentro e fuori la mente.
La mattina dell’esame, il 9 ottobre, una pioggia fitta si abbatté su Bologna, ma le uve erano già al sicuro in cantina, per fortuna. L’ebbrezza e la tensione lasciarono il posto alla concentrazione: in una saletta appartata, Wolfgang iniziò a scrivere l’Antifona “Qaerite primum regnum Dei”. Ebbe qualche esitazione su alcuni passaggi, ma Padre Martini lo aiutò, come un vero maestro, a cui serbare per sempre autentica riconoscenza.
In fondo alla pagina, firmò il suo compito: Mozart.
Ricevuto il giorno dopo il diploma di Accademico Filarmonico, il 18 ottobre era di nuovo in viaggio.
Da una storia vera:
Wolfgang Amadeus Mozart soggiornò a Bologna, a quattordici anni, con il padre Leopold, due volte, nel 1770, dal 24 al 29 marzo presso il Palazzo del Conte Pallavicini e dal 20 luglio al 10 ottobre presso la villa Pallavicini.
Le notizie sul viaggio e sul soggiorno sono tratte dalle lettere del padre Leopold, compreso il racconto del raffreddore di Wolfgang.
Il biglietto d’invito e il rendiconto delle spese della festa del 26 marzo 1770 si trovano presso l’archivio di Stato di Bologna nel Fondo Pallavicini.
Secondo quanto riportato da un aneddoto, la signora che il piccolo Mozart abbracciò al termine di un suo concerto era l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria; la bambina alla quale Wolfgang chiese di sposarlo era Maria Antonietta, la futura Regina di Francia.
La storia dell’amicizia con Thomas Linley è autentica; l’incontro avvenne però a Firenze, nell’aprile dello stesso anno e i due tennero un concerto per violini insieme. Poi i ragazzi non si incontrarono mai più; Linley, dopo una breve carriera come compositore e violinista, morì in un incidenti in barca, nel 1778, a soli ventidue anni.
Del compito di Mozart, prova di ammissione all’Accademia Filarmonica, esistono due versioni: la prima è oggi conservata presso Il Museo internazionale e biblioteca della Musica di Bologna, la seconda versione, corretta da Padre Martini, si trova presso l’Accademia Filarmonica.
Il cabernet sauvignon è un vitigno originario della Francia, in particolare del Bordeaux, dove anche oggi viene coltivato, dando vita a grandissimi vini, sia in purezza, sia assieme al Merlot e al Cabernet Franc, costituendo il cosiddetto taglio bordolese.
E’ considerato la varietà più rinomata per la produzione di vini di grande qualità e longevità; il vitigno presenta eccezionali capacità di adattamento al terreno e al clima, forte resistenza alla gelate e alle malattie, una resa costante e grande versatilità durante la vinificazione e l’invecchiamento.
Venne introdotto in Italia tra il Settecento e l’Ottocento e si è diffuso in tutto il mondo, in particolare in California, Cile, Australia.
Oggi a Bologna un grande cabernet sauvignon trova espressione nel “Comandante della Guardia” della cantina La Mancina, che si estende per 40 etteri a Montebudello, nella zona collinare a sud ovest della provincia, nel comprensorio dei vini “Colli bolognesi D.O.C.”.
Il colore è rosso granato profondo, con una trama fitta ma luminosa.
Raffinato all’olfatto, si apre prima con la frutta matura e confettura, poi arrivano le note di spezie dolci e vegetale varietale, in armonia con una base minerale.
Il gusto presenta eleganti ritorni di sottobosco e un’ottima persistenza.
E’ ideale in abbinamento con carni rosse e selvaggina.
Il “vitigno perfetto”, come lo definì Montesquieu nel 1785.