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Frammenti di vetro nel vino? Tutti i segreti sull’Acidità del vino e come controllare il pH

Ti è capitato di tirar fuori una bottiglia di vino dal frigorifero e notare dei residui che sembravano piccoli frammenti di vetro sul fondo o attaccati alla parte inferiore del tappo? È strano e spiacevole, ma in realtà sono innocui cristalli di acido tartarico.

Benvenuti nel curioso mondo dell’acidità del vino. Queste componenti acide sono fondamentali per caratterizzare come un vino appaia, il suo sapore e la composizione chimica.

Secondo Denise M. Gardner, winemaker e analista in Pennsylvania, le nostre bocche reagiscono istintivamente ai livelli di acidità. Vuoi vedere quanto è acido un vino? Facciamo un piccolo esperimento: tieni la bocca aperta dopo aver assunto un sorso di vino senza deglutirlo. Se dopo qualche istante inizi a sbavare, la tua bocca sta reagendo all’acido. Più saliva, più acido.

L’acidità del vino: acidità titolabile e pH a confronto

Il vino contiene molti acidi, ma i due principali che si trovano naturalmente nelle uve sono acidi tartarico e malico. Ciò che abitualmente chiamiamo acidità è tecnicamente chiamato acidità totale o acidità titolabile.

L’acidità titolabile è correlata al modo in cui funzionano le nostre bocche”, afferma Gardner. “Più saliva hai bisogno nell’interazione con un liquido, più acido è il suo sapore”

L’acidità titolabile è collegata al pH, ma sono misure diverse che misurano cose diverse. Mentre l’acidità titolabile misura la quantità di acidi contenuta in un liquido, il pH misura la forza di quegli acidi. La scala del pH va da 0 a 14, con le estremità dello spettro che sono i picchi massimi di acidità e basicità mentre al 7 sta la neutralità.

Di solito, se un vino ha un alto livello di acidità, avrà un pH basso. I vini ad alto contenuto di acido (o a basso pH) sono stabili perché il loro ambiente è avverso alla crescita e proliferazione di batteri e altri microbi.

Un’altra cosa importante da considerare parlando di acidità e pH è che la scala è logaritmica (non lineare come quella della temperatura) quindi invece che pH 5 essere due volte più acido di pH 6, in realtà è 10 volte più acido.

“Penso che il pH sia più un dato interessante sul lato chimico, mentre (l’acidità titolabile) lo sia più sul profilo aromatico di quegli acidi” afferma Alison Thomson, enologa Californiana.

“Un vino più è acido, più è aspro e fa venire l’acquolina in bocca stuzzicandoti. Ti fa venir voglia di berne un sorso in più. Riguardo al pH, penso sia il riflesso della stabilità del vino.”

L’acidità misurata sulla scala del pH (0-14), indica con un numero più basso livelli di acido più alti e/o più forti, mentre un pH elevato significa minore acidità. Per aver un’idea più chiara, l’aceto bianco da cucina presenta un pH di circa 2,5, mentre il latte registra circa 6,5, ricordiamo che 7 è il pH neutro (acqua in purezza). In genere, il livello di pH di qualsiasi vino varia da 3 a 4 (un bel range, ricordiamoci che significa una differenza di 10 volte tanto!).

I vini rossi con maggiore acidità hanno maggiori probabilità di essere di un colore rubino brillante, poiché il pH più basso conferisce loro una tonalità rossa accesa. A pH più alti, i vini rossi meno acidi, possono assumere tonalità cupe, blu o viola. I vini con una bassa acidità possono anche assumere un colore marrone (dopo l’apertura o col passare degli anni) perché sono più inclini all’ossidazione. L’ossidazione per questo risulta meno evidente e fastidiosa nei vini rossi seppur più probabile rispetto ai bianchi, in particolare quelli più giovani e aciduli a cui cambia decisamente il sapore.

“L’ossidazione può diventare un problema indipendentemente dal pH, ma la reazione si verifica più rapidamente a un pH più alto”, afferma Gardner.

Un vino ad alta acidità di solito ha un sapore più fresco e più aspro al palato. Un vino a bassa acidità avrà invece un sorso più liscio e vellutato.

L’acidità fornisce inoltre la spina dorsale necessaria per l’invecchiamento a lungo termine di un vino, quindi è più probabile che i vini rossi ad alta acidità titolabile migliorino col tempo. Al contrario, i vini con pH elevato sono più inclini alla contaminazione, microbi o altri componenti instabili possono legarsi alla composizione chimica del tuo vino e spegnerlo.

Normalmente, questa inclinazione viene lavorata in cantina con l’aggiunta di anidride solforosa (da cui si avranno i famosi solfiti), che aiuta ad assorbire parte dell’ossidazione che alimenterebbe la crescita microbica. Chiaramente sono necessari molti più solfiti per ottenere lo stesso effetto in un vino a pH 4 rispetto ad uno con un’acidità 10 volte maggiore a pH 3.

Oltre ai limiti legali sulle aggiunte di zolfo dettati dall’Unione Europea, i viticoltori devono assicurarsi che i loro vini non assumano sapori solforosi, generalmente facilmente riconoscibili dal bouquet attraverso note di uova marce o cavolo cotto.

“Con vini a pH più elevato, c’è una quantità di zolfo che è consentito aggiungere per rendere un vino microbiologicamente stabile” afferma Thompson. “Ma se usassi davvero quella quantità, il tuo vino avrebbe note aromatiche troppo evidenti di zolfo. Devi tenere conto di molti fattori diversi in fase di vinificazione. Controllare l’acido è una parte del gioco, ma anche i tannini e l’alcol preservano il vino. Tutte queste componenti vanno tenute in considerazione prima di prendere delle decisioni. “

Acidità tra natura e vinificazione

L’acidità di un vino come detto in principio è una proprietà naturale di un vino e difatti inizia in vigna. Il potassio che si trova nel terreno può penetrare nelle uve dalle radici aumentandone l’alcalinità, il che aiuta a neutralizzare l’acidità e ad aumentare il pH.

Anche la vendemmia incide su questa proprietà, infatti le uve acerbe hanno alti livelli di acidità, che diminuiscono man mano che maturano. Inoltre, le uve coltivate in climi più freschi di solito contengono più acidità perché c’è meno calore e sole disponibili che concorrono ad aumentare lo zucchero il pH dei frutti. Per questo, un enologo può aumentare l’acidità aggiungendo acido tartarico al succo d’uva prima della fermentazione, la prassi è comune nei climi più caldi dove l’uva può facilmente diventare troppo matura e il pH salire troppo.

A volte invece un enologo deve confrontarsi con il problema opposto: l’acidità troppo alta. Se un vino risulta troppo aspro e acido, la fermentazione malolattica può essere una soluzione. La fermentazione malolattica converte il pungente acido malico in acido lattico, più morbido al gusto.

Quasi tutti i vini rossi passano attraverso la fermentazione malolattica, mentre è più una scelta stilistica nei vini bianchi. Molte persone che hanno familiarità con questo processo ne apprezzano il ruolo nella creazione di alcune tipologie di Chardonnay, con un livello di acidità meno spiccato.

“La fermentazione malolattica è un esempio di come un enologo possa manipolare il profilo acido di un vino”, afferma Gardner. “La concentrazione dell’acido nel vino non cambia necessariamente, ma stai cambiando la tipologia di acido, da acido malico a acido lattico. Quindi, ci sarà probabilmente un cambio di pH, ma ci sarà anche un cambiamento nel gusto. Puoi assaggiare quel cambiamento … perché l’acido lattico rende un vino più morbido e meno acido”

Torniamo ai cristalli di acido tartarico. I cristalli, talvolta chiamati tartrati o diamanti del vino, si dissolvono nel vino mentre si scalda. La loro formazione dipende da una più alta temperatura di fusione dell’acido tartarico rispetto alle altre componenti liquide presenti nella bottiglia.

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